lunedì 12 novembre 2012

Perché proprio Kassel?


"Perché proprio Kassel?". Negli ultimi sei mesi mi son ritrovata spesso a dover rispondere a questa domanda, rivoltami soprattutto da tedeschi che sono stati o vivono in questa città nel nord dell'Assia. Alla domanda seguivano di solito commenti su quanto Kassel non spiccasse per la propria bellezza tra le città tedesche. Nelle guide turistiche è addirittura definita come “crimine architettonico”. “Certo”, rispondevo io di solito, “non si può pretendere troppo da una città che nel 1943 venne distrutta quasi completamente in un bombardamento aereo e ricostruita poi negli anni '50. Ma in questi sei mesi ho imparato ad apprezzare Kassel, che ha fatto da sfondo alla mia esperienza Erasmus”.

Kassel è una città poco più grande di Brescia, sia per estensione che per numero di abitanti: insomma, delle dimensioni perfette per permettere ad uno studente straniero di ambientarcisi in poco tempo. Il centro città è percorribile a piedi in pochi minuti e qualora ci si dovesse recare più lontano è possibile servirsi dei mezzi pubblici, gratuiti per gli studenti universitari. Per quanto il centro città non brilli per bellezza architettonica, basta spostarsi ai suoi confini per lasciarsi sbalordire dalla maestosità dei suoi parchi principali, il Karlsaue, il Fuldaue e il Wilhelmshöhe. Nel XVIII secolo ospitavano le residenze del Langravio Guglielmo IX di Assia-Kassel, successivamente trasformate in musei.

Kassel è però conosciuta soprattutto come la città della documenta, la più importante mostra di arte contemporanea a livello mondiale, della durata di cento giorni, che si tiene ogni cinque anni dal 1955. Io ho avuto la fortuna di trovarmi in città proprio nell'anno in cui si è tenuta la tredicesima edizione di questa mostra e ho potuto quindi osservare come la città si animi in occasione di questo evento. Visitatori da tutto il mondo, eventi speciali e locali temporanei aperti per l'occasione come luoghi di dibattito sui temi proposti dall’edizione corrente della documenta.

Pur non sapendo nulla d'arte moderna ho cercato di avvicinarmi a questa mostra tramite uno dei seminari che ho frequentato, incentrato sull'ambiente culturale dell'Assia e di Kassel in particolare. Ciascuno studente doveva scegliere un artista o un personaggio legato ad un'associazione culturale della regione ed intervistarlo. Consapevole dell'importanza della documenta per la città di Kassel ho deciso di intervistare il presidente del documenta forum, l'associazione che si occupa della promozione e della cura dell’archivio della mostra. Con mia grande soddisfazione l'intervista è stata poi pubblicata sul sito del Literaturbüro Nordhessen, l'associazione culturale per cui lavora il professore che ha tenuto questo seminario.

L'università di Kassel, molto giovane rispetto ad altre università tedesche, è estremamente dinamica e ben organizzata. Il sistema di accoglienza e assistenza agli studenti stranieri è molto efficiente, cosa di fondamentale importanza per favorire il loro inserimento in un ambiente a loro estraneo. Inoltre l'università non accoglie solo studenti europei: sono tantissimi gli studenti che provengono da ogni parte del mondo. Questo mi ha dato l'opportunità di confrontarmi ed entrare contemporaneamente in contatto con moltissime culture diverse dalla mia in un unico ambiente, cosa che non capita spesso.  Per una studentessa di lingue come me è stato importantissimo, sia da un punto di vista linguistico che socio-culturale. Ma soprattutto mi ha permesso di stringere amicizia con persone eccezionali.

Quest’anno il programma Erasmus ha compiuto venticinque anni e paradossalmente, a pochi mesi di distanza dai festeggiamenti, il suo futuro appare incerto. Alla luce della mia esperienza mi auguro si riesca a trovare una soluzione per garantirne la sopravvivenza, perché si tratta di un’esperienza di vita unica. 

Erasmus a Kassel: l'intervista

Tornata dall'Erasmus sono stata contattata dalla professoressa responsabile dell'Erasmus in Germania, la quale mi ha chiesto di informarla sulla mia esperienza e successivamente ha contattato l'ufficio stampa della mia università per fissare un'intervista con me. Quindi sono stata contattata dalla ragazza che si occupa delle interviste all'interno dell'università e abbiamo fissato l'intervista per metà Ottobre. Oltre a rendermi disponibile per l'intervista mi è stato chiesto di scrivere un articolo che riassumesse la mia esperienza Erasmus e allegare alcune foto che sono poi state inserite nel video dell'intervista. Di seguito pubblico il video e nel post successivo l'articolo che avevo scritto, che non credo sia mai stato pubblicato sul sito dell'università.





giovedì 1 novembre 2012

Heaven knows I'm miserable now

Se c'è una cosa che non sopporto è il non poter essere triste. Quando una persona soffre, sta male e si trova a dover rispondere alla domanda "come stai?" può glissare semplicemente rispondendo "bene", anche se non è vero. Oppure può dire la verità, ovvero esprimere il proprio senso di disagio e spiegare il motivo della propria tristezza. In questo caso, però, è inevitabile che l'altro risponda con ogni formula consolatoria possibile, provocando in chi sta male un senso di colpa per la propria tristezza. E questo per me è inaccettabile.

Quando uno sta male non può semplicemente soffocare i propri sentimenti e andare avanti. Reprimere il malessere non aiuta a guarirlo. C'è bisogno di sfogarlo, liberamente, senza giudizi né frasi di circostanza che dovrebbero portare conforto. Il semplice ascoltare e una presenza silenziosa possono aiutare più di qualsiasi altra cosa. Capisco perfettamente che chiunque davanti alla frase "sto male" cerchi di combattere affannosamente l'imbarazzo creato da queste parole con frasi fatte che dovrebbero fungere da antidoto. Ma queste non fanno altro che infastidire l'altra persona, che se le è sentite ripetere già migliaia di volte e che quando si sarà stancata di sentirle rinuncerà a dar voce al proprio malessere. Se ne starà zitta, ogni volta sempre più a lungo, per tentare di digerire quel boccone amaro che ogni volta diventa più grande e faticoso da deglutire.

A volte vorrei tanto riuscire ad essere come una canzone degli Smiths o dei Cure: in esse la tragicità del testo, una trama di pensieri cupi, malinconici, totalmente privi di speranza, è perfettamente controbilanciata dalla musica, allegra, briosa, che invoglia a ballare. In esse un pensiero profondamente negativo, un pensiero che tipicamente appartiene ad una persona depressa o triste, viene veicolato attraverso delle note che lo svuotano apparentemente di qualsiasi tono grave e drammatico, rendendo il messaggio più digeribile e meno imbarazzante per l'ascoltatore.  Ma per ora non sono ancora riuscita a pronunciare le parole "Heaven knows I'm miserable now" con la stessa nonchalance con cui lo fa Morrisey. Perciò me ne sto zitta.

martedì 31 luglio 2012

Cause I'm leaving on a jet plane...

Il mobiletto bianco su cui Marta teneva i suoi accessori giace abbandonato tra l'erba del giardinetto dietro casa sua. Le scarpe vecchie di Ryan spuntano dal cestino del bagno dove le ha gettate prima di partire. La scatola di fagioli che Billy ci ha portato perché gli avanzava è nel mobile della cucina. Mi guardo in giro e trovo oggetti appartenuti a persone che fino a poco tempo fa erano qui con me, abitavano nella stessa città, vicino o lontano, ma comunque qua, facilmente raggiungibili.

Ora se ne sono andate. Una alla volta. E ogni volta ho pianto, o quasi...

Ho ancora bisogno di un po' di tempo per realizzarlo e scontrarmi casualmente con oggetti che me li ricordano non aiuta per niente. Abbiamo convissuto solo per pochi mesi, ma questo poco tempo è bastato per creare un forte legame tra di noi.

Vedo le scarpe di Ryan e mi vengono in mente le passeggiate con lui sorseggiando bubble tea, le cene a base di kebab, il tutto farcito dagli ultimi gossip su cui lui era sempre aggiornato. E naturalmente il suo penultimo giorno, in cui ho dovuto aiutarlo a fare le valigie perché era talmente confuso e in preda al panico da partenza che si rigirava nella sua stanza tra valigie, libri, souvenir e vestiti senza combinare niente.

Vedo la scatola di fagioli di Billy e mi viene in mente lui che dorme sul nostro divano, il suo sarcasmo graffiante, la sua voce cristallina mentre canta e ovviamente lui con birra e sigarette in mano (anche se non so quanto gli faccia piacere essere ricordato per questo).

Vedo il mobiletto di Marta e penso alla sua solarità, all'affettuosità contagiosa, alla sua incredibile capacità di esprimere senza timori ciò che le passa per la testa, ai suoi crucci emotivi, ai momenti in cui l'ho aiutata in veste di traduttrice per le questioni legate al suo appartamento e a quando l'ho accompagnata in ospedale per farsi sistemare il naso rotto, a lei che gira per le feste raccogliendo bottiglie per incassare il Pfand, alle fotografie ovunque e per qualsiasi motivo.

In sottofondo a tutto ciò risuonano le voci di tante persone che in questo periodo mi han detto "tutto finisce prima o poi". Certo è vero, ma per me è ancora difficile accettarlo. In ogni caso affondo l'amarezza del distacco nella gioia generata dai ricordi dei  momenti trascorsi con queste persone. Sono stati attimi importanti e sono certa che sono soltanto l'inizio di un'ottima amicizia. Non ho certo intenzione di lasciare che la distanza logori il rapporto tra di noi. E' finita questa fase della nostra vita, ma non si tratta di una fine definitiva. Non lo è affatto.

domenica 20 maggio 2012

Born in the U.S.A.

Sto imparando una delle canzoni patriottiche americane "You're a Grand Old Flag"... E' un po' di giorni che questa canzone rieccheggia nell'aria, da quando Ryan l'ha cantata sulla via del ritorno dall'ennesimo party universitario. Attraversare la città a piedi alle cinque di mattina con due americani, Ryan e Chelsey, che snocciolano inni nazionali americani uno dietro l'altro è parecchio divertente. In particolare, stare molto a contatto con Ryan mi permette di conoscere la cultura americana con gli occhi di una persona che vi appartiene. Per questo motivo la cosa diventa molto interessante.

Ryan passa molto rapidamente da eventi storici a serie tv, dalla politica ai gossip sulle celebrità, cosa che mi garantisce una formazione a tutto tondo. Devo dire che in un certo senso il fatto che lui si vergogni un po' del patriottismo americano, dell'importanza che certi americani si diano, mi sorprende e mi fa in un certo senso sorridere. Ryan è estremamente disponibile nel parlare del suo paese, ma spesso conclude i suoi discorsi con "spero tu non mi giudichi male per ciò che ti ho appena raccontato". Teme davvero che io possa fare di tutta l'erba un fascio e bollarlo come cafone ignorante ed egocentrico, che ignora le culture diverse dalla sua e non si sforza di imparare una lingua straniera perché tanto la sua lingua madre è l'inglese. La stessa cosa vale anche per l'altro mio coinquilino, Kyle: entrambi cercano di non sbandierare troppo il fatto di provenire dagli Stati Uniti, come se rischiassero di essere linciati da un momento all'altro.

In ogni caso non corrono alcun pericolo, anzi sono perfettamente integrati nel gruppo degli Europei. Venerdì, ad esempio, mi è capitato di passare la serata in compagnia di un paio di americani, Jenny e Kyle, e altri studenti erasmus giocando ad un drinking game statunitense, chiamato "The Circle of Death". Il gioco è alquanto articolato: si usa un mazzo di carte da poker e ogni carta ha un valore. Le carte si mescolano, rigorosamente nello stile dei croupies: il mazzo si divide a metà e si stringe ciascuna metà in una mano. Poi le due estermità dei mazzi si avvicinano e facendo forza sui bordi si fanno scorrere le carte una per una in modo tale che le carte di una metà si incastrino con le altre. Quindi, una volta incrociati i due mazzetti, si piegano le carte a formare un arco e si fa pressione sulle carte in modo che queste scivolino una sopra l'altra. Davvero affascinante. Vorrei esserne capace anch'io. A quanto pare in America le carte si mescolano solo così.

Tornando al gioco, una volta mescolate le carte si spargono sul tavolo a formare un cerchio. Quindi ognuno a turno gira una carta e la poggia al centro del cerchio. Ad ogni carta corrisponde una determinata azione che porterà una o più persone a bere. E' incredibile come, pure da ubriachi, si riesca a ricordare ciò che si deve fare ogni volta. La difficoltà aumenta quando si pesca il nove "nine = rhyme": ciò significa che chi pesca il nove deve scegliere una parola e gli altri devono trovare una parola che rimi con questa. Ma dato che l'inglese non è la lingua madre di tutti (attorno al tavolo ci sono americani, tedeschi, italiani e spagnoli) alterniamo all'inglese lo spagnolo e il tedesco. Insomma, un macello. Ma anche questo è un buon modo per conoscere un'altra cultura. E nella mia mente rieccheggia ancora il motivetto You're a grand old flag, you're a high flying flag ta ta ta ta ta ta ta ta taaaaaaaaaa.... (ah in tedesco esiste un termine che è perfetto per indicare una canzone che ti rimane in testa e questo termine è "Ohrwurm", una cosa del tipo "verme dell'orecchio).


mercoledì 9 maggio 2012

Una serie di sfortunati eventi

La vita in Erasmus non è solo cadenzata da feste e divertimento. Essa può anche essere segnata da eventi poco piacevoli, che tuttavia la arricchiscono di un certo carattere avventuroso alquanto affascinante. In precedenza ho raccontato dei ragazzi italiani alle prese con la ricerca disperata di un appartamento durata per più di un mese. Ebbene, tre di loro, Marta, Lorenzo e Thibault, hanno trovato una sistemazione e solo una ragazza, Roberta, è tornata in Italia. La sventura, tuttavia, non ha abbandonato due di questi tre ragazzi che sono rimasti.

Tanto per cominciare, la settimana si è aperta con il trasferimento di Marta nel suo nuovo appartamento. Io ho potuto seguire la vicenda da vicino, dal momento che l'ho aiutata a decifrare il contratto d'affitto, le ho dato una mano nella corrispondenza con il proprietario e l'ho accompagnata a firmare il contratto. Il giorno della firma del contratto ho avuto modo di visitare il suo appartamento e in particolar modo di vedere la sua camera. Un bell'appartamento, grazioso, moderno e pulito. Sì, forse la maniglia della porta della camera di Marta sembrava avere qualcosa che non andava, ma svolgeva ancora la sua funzione. Inoltre la coinquilina si era offerta di darle un'occhiata.

Il giorno successivo alla firma del contratto Marta si è trasferita nel nuovo appartamento e la sventura non ha tardato a bussare alla sua porta. Mercoledì mattina mi connetto a Facebook e lei mi contatta via chat dicendomi che è rimasta chiusa in camera. Le chiedo come sia possibile e quindi mi spiega come abbia semplicemente chiuso la porta per potersi cambiare dopo la doccia. Il problema è che la maniglia si era lasciata andare del tutto e quindi non faceva più leva per ritrarre il catenaccio e di conseguenza la porta era bloccata. Dopo averle consigliato di contattare il proprietario dell'appartamento mi offro di andare da lei per vedere se sia possibile risolvere il problema.

Arrivata sotto casa sua mi faccio lanciare le chiavi dalla finestra e salgo, ma ben presto ci rendiamo conto che l'unica soluzione consiste nel contattare un fabbro. Marta contatta quindi un'altra volta il proprietario e gli chiede di mandare un fabbro. Nell'attesa io e lei chiacchieriamo da una parte all'altra della porta, manco fossimo al "Gioco delle coppie" e ogni tanto ci affacciamo alla finestra per vedere se arrivano gli aiuti. Dopo circa un'ora si presenta alla porta un uomo sulla trentina, in pantaloni blu e t-shirt di cotone bianco con in mano un secchio con dentro qualche attrezzo. Gli spiego la situazione e lui fa un breve tentativo di aprire la porta, ma realizza subito di non avere gli strumenti necessari per risolvere il problema. Dopo aver aggiunto che una situazione del genere non gli era mai capitata decide di contattare un collega che sicuramente ha con se gli strumenti magici.

L'ometto chiama quindi il collega e ci comunica che dovremo attendere circa mezz'ora per l'arrivo del S. Pietro della situazione. Dopo qualche breve scambio di battute tra me e il fabbro, questi, sopraffatto dai silenzi imbarazzanti che non riusciamo a riempire, decide di scendere in auto ad attendere il collega. Quaranta minuti dopo sento i passi e le voci di due uomini salire per le scale. "Ecco il salvatore!" penso, e lo osservo estrarre dalla cassetta dei ferri una semplice piastra metallica rettangolare con i bordi piegati che fa scivolare lungo il bordo della porta che magicamente si apre, mostrando alla nostra vista il sorriso di Marta, che attendeva in piedi al centro della stanza.

Ovviamente io mi trovo lì in funzione di interprete e come traduco a Marta ciò che mi dice il secondo fabbro, questo mi sente parlare in italiano e dice "ah, ma siete italiane! La mia ex-moglie, quella merda, è italiana. Le donne italiane non mi piacciono per niente". Ovviamente le sue parole sono ironiche, ma comunque aggiungono una nota tragicomica all'intera vicenda, che cerchiamo di demonizzare con una sonora risata, pensando che la sfiga, per il momento, ne ha già avuto abbastanza.

Così invece non è, dato che domenica mattina vengo a sapere sempre da Marta che la sera precedente Thibault, all'uscita del Lax, la famigerata discoteca di cui ho già parlato, è stato preso a pugni senza motivo da un ubriaco. Questa la dinamica dell'evento: Marta, Elise (una studentessa Erasmus francese), Lorenzo e Thibault escono dalla discoteca. Le due ragazze camminano fianco a fianco qualche passo avanti ai ragazzi. Loro sono le prime ad incontrare questo russo muscoloso totalmente ubriaco. Giustamente decidono di farsi da parte per lasciarlo passare. Purtroppo Thibault si trova sullo stesso cammino dell'energumeno, ma non lo nota dal momento che sta chiacchierando spensierato con Lorenzo.

Il russo, trovatosi il passaggio sbarrato, pensa dunque di farsi strada con un gancio che colpisce Thibault sul labbro inferiore e lo fa cadere a terra. Lorenzo, totalmente sorpreso, non si rende conto di ciò che è successo. Guarda con sguardo confuso l'amico caduto a terra e solo in un secondo momento nota che un turco è intervenuto a bloccare il russo, che riesce a divincolarsi e si allontana come niente fosse successo. Chiamare la polizia si rivela inutile. Nessuno si presenta e i ragazzi decidono di tornare a casa.

La settimana si conclude con un classico incidente domestico ad opera della mia coinquilina turca, che ormai è diventata un personaggio per tutti qui. Ora di cena nell'appartamento al secondo piano del Party Palace. Terminata la cena mi reco in cucina e metto sui fonelli la moka per il caffè. Noto che c'è una pentola  su una delle piastre in funzione. La pentola è quasi vuota, ma sono sicura che chiunque l'abbia messa lì la stia tenendo sotto controllo. Dopo circa cinque minuti apro la porta della camera per andare in cucina a prendere il mio caffè e non vedo più niente. Una nuvola di fumo riempie corridoio, salotto e cucina. Mi fiondo tossendo verso i fornelli, tolgo la pentola dalla piastra mentre urlo a squarciagola ed inizio ad aprire le finestre.

Quindi mi reco davanti alla porta di Tuba, la coinquilina turca, e l'avviso del casino che è successo. Al che lei si fionda in cucina con i suoi amici ridendo, spalanca la porta e poi mi si avvicina per ringraziarmi. Il "Thank you so much" è seguito poi da un numero indefinito di frasi in turco che ovviamente non comprendo, ma che a quanto pare lei pensa io riesca a decifrare. Io sorrido e annuisco e poi, ridendo istericamente, contatto via chat gli altri coinquilini per metterli al corrente di ciò che è successo, anche se ormai dalla puzza di fumo hanno compreso che qualcosa non andava. Tutto è bene ciò che finisce bene, ma come direbbe Giovanni del famoso trio comico nei panni del signor Rezzonico "potevo rimanere offeso di brutto, ma brutto brutto brutto".





giovedì 3 maggio 2012

You gotta fight for your right to party

Una delle cose che ci si aspetta di trovare nel decalogo dello studente Erasmus è: festeggiare. Mai lasciarsi scappare una festa. Festeggiare, sempre, comunque e dovunque. In effetti da quando sono qui ho potuto notare come i miei colleghi si sforzino di rispettare al massimo questo comandamento. Ovviamente ho cercato di unirmi a loro facendo del mio meglio e così ho iniziato un po' ad esplorare la vita notturna di Kassel. Lo studente Erasmus, qui, predilige innanzitutto organizzare party-pre-party per raggiungere il livello di ebbrezza adatto a rendere la serata indimenticabile con il minore dispendio di denaro possibile. Ognuno si porta le proprie bottiglie di alcool e si ubriaca allegramente mentre si intrattiene con gli altri. Il tutto dura finché qualcuno non decide di salire su una sedia ed annunciare a gran voce, come il capitano di una ciurma, di spostarsi alla festa vera e propria.

La festa vera e propria solitamente si svolge in una discoteca non troppo popolare, che tendenzialmente organizza serate per gli studenti. Il mercoledì sera è dedicato al famigerato K19, che ho già nominato in precedenza. L'entrata costa due euro, a meno che non si abbia il coraggio di presentarsi con il segno contraffatto di un timbro sul polso o sulla mano, segno che testimonia il pagamento dell'entrata. I veterani Erasmus sono entrati gratis per mesi al K19, semplicemente scarabocchiandosi le mani con penne e pennarelli neri o trasferendo il timbro da una persona alle altre. Settimana scorsa sono stati scoperti e quindi probabilmente per un po' righeranno diritto.

Al K19 si va ubriachi per essere in grado di sopportare la musica proposta da un sedicente DJ che probabilmente in vita sua ha creato una sola playlist al pc e la riproduce mercoledì dopo mercoledì. Tuttavia questo non è affatto un problema per la maggioranza dei clienti del locale, che si dichiarano alquanto soddisfatti delle serate qui trascorse. Il K19 è il luogo dove tutto può succedere, dove è successo di tutto e dove si può dare sfogo senza problemi a qualsiasi pensiero bizzarro possa balenare nella mente. Ciò che succede al K19 resta al K19.

Questo motto a quanto pare non vale soltanto per gli studenti Erasmus: un paio di sabati fa mi trovavo qui per un concerto ed ho potuto assistere ad una scena decisamente epica. Uno dei fan della band, totalmente in preda ai fumi dell'alcool, ha ben pensato di denudarsi completamente e ballare per la durata di un'intera canzone con i pantaloni calati. D'altro canto, doveva pur trovare il modo di mostrare al mondo il tatuaggio sulla chiappa sinistra...

Altra tappa notturna alquanto trash è la discoteca Lax, soprannominata dagli spagnoli "Casa de Putas", per l'abbigliamento caratteristico della maggioranza delle frequentatrici del locale. Gli ambienti del locale sono molto eleganti e raffinati, ma questo purtroppo non aiuta ad attrarre la clientela. Nessuno ha mai visto il Lax pieno di gente e tutti si chiedono come il locale stia a galla. Forse grazie alle promozioni sugli alcolici. Qui ho scoperto un cocktail alquanto interessante, Red Bull e Jägermeister: una combinazione da provare.

Per chi predilige posti più alternativi c'è poi il Cuba, dove però non sono ancora stata. O meglio, ci sono stata per due minuti, alle quattro di notte di un sabato sera passato a tentare di entrare senza successo nelle discoteche fighette di Kassel. Il Cuba si è prospettato come l'ultima spiaggia, ma quando siamo arrivati davanti all'entrata abbiamo notato che la postazione della cassa e del guardaroba erano vuote e una volta scesi per una rampa di scale che porta alla sala principale abbiamo notato che questa era vuota, fatta eccezione per i baristi ed una coppia che si sbaciucchiava sui divanetti.

Alquanto popolari sono invece alcuni piccoli pub quali il Lolita, il Mutter e l'Irish Pub. Si tratta di locali piccoli ma senza pretese, dove si può ascoltare buona musica, ballare, ma anche semplicemente stare seduti ad un tavolo a chiacchierare. Il Mutter è dotato anche di una saletta per il calcio balilla, dove veri professionisti del gioco passano ore ad allenarsi e a sfidare i malcapitati principianti che osano addentrarsi nel loro regno. Cosa che mi è capitata la prima volta che ci sono stata. E' stata una partita talmente veloce che non mi sono nemmeno accorta di essere arrivata alla fine. Ma la colpa è tutta di questo ragazzo tedesco, Moritz, che ha trascinato me e un'altro paio di Erasmus in questo posto.

Moritz ha attaccato bottone con Irene, una spagnola amante di aikido e della musica metal, mentre si trovava con me e Zehra, una ragazza lituana, al K19, la sera del famoso spogliarello del punk multitatuato. Quindi le ha proposto di seguirlo al Mutter. Così abbiam deciso di affidarci alla sua guida e il ragazzo si è rivelato estremamente galante: ci ha pagato l'entrata e anche un paio di giri di Mexikaner, uno shot molto simile al Bloody Mary. Oltretutto ci ha presentato alla sua compagnia di amici e così ho avuto modo di fare conversazione per un paio di ore con qualche tedesco. Ah, al Mutter può capitare di trovare persone addormentate sui divanetti e perfino per terra. Ma basta scavalcarli o seppellirli sotto montagne di giubbini e il problema è risolto, se proprio risultano fastidiosamente fuori luogo.

Non dimentichiamo infine le feste universitarie organizzate principalmente nella facoltà di ingegneria. Si tratta di feste di apertura e chiusura del semestre, festa per il primo Maggio e simili. I corridoi, gli atrii, la mensa e l'aula magna della facoltà si trasformano per una notte in sale da discoteca e bar. Questo tipo di eventi sono talmente attesi che i biglietti vengono venduti in anticipo a partire dalla settimana precedente e fanno il tutto esaurito. La cosa si traduce in un fiume di gente in coda ai cancelli la sera della festa e sale stracolme di persone. Temperature infernali e lunghe code ai banconi del bar. Questi sono alcuni dei motivi per cui il party di apertura del semestre non mi ha fatto impazzire.

In compenso, a parità di condizioni, al party del primo maggio mi sono divertita molto. Forse perché all'inizio mi son ritrovata a seguire Ryan tra la folla al grido "Let's not be puttanas, let's go!". O forse perché ad un certo punto Ryan ha iniziato a spingere me e Chris, il tutor per gli studenti stranieri, tra la folla gridando "Those bitches have to fall down. Don't be afraid of pushing them." O magari perché Gordon, un amico di Chris, è riuscito più volte a farsi fare sconti sul bere da una barista che conosce, sulla quale evidentemente riesce ad esercitare un certo fascino.

Probabilmente anche la pazzia degli Erasmus panamense e argentino hanno contribuito a farmi divertire. Così come l'essermi fatta offrire da bere da un tipo che a quanto pare era interessato a Marta, una delle veterane Erasmus, con la scusa che lei era ubriaca e io le facevo da badante. Così ci siamo guadagnate una birra ciascuna e poi siamo fuggite tra la folla piantando in asso il tipo, che iniziava ad arrabbiarsi perché Marta, dopo essersi fatta offrire da bere, ha ben deciso di ignorarlo non rivolgendogli la parola. Infine non posso tralasciare l'ultima parte della serata, trascorsa a conversare in tedesco con gli amici del nuovo coinquilino di Marta, dove mi è stato detto che parlo tedesco con un accento austriaco. Mi chiedo quale nazionalità mi verrà attribuita dai prossimi tedeschi che cadranno sotto le mie grinfie al prossimo evento sociale. Ebbene sì, perché io devo esercitarmi e nessun tedesco verrà risparmiato. Muahahahahahah


mercoledì 25 aprile 2012

Fratelli d'Italia

L'Italia non mi abbandona nemmeno qua. Già nei primi giorni della mia permanenza a Kassel ho fatto conoscenza con qualche studente italiano che come me ha deciso di frequentare qui il semestre estivo. Oltre a Stefano e Claudia, che ho nominato in alcuni post precedenti, ho conosciuto un altro Stefano, Livio e un'altra Claudia, studenti di architettura di Roma. Tramite loro sono poi entrata in contatto con altri italiani che rappresentano la vecchia guardia: sono qui dal primo semestre e provengono da Cagliari, Palermo, Modena e Brescia. La maggior parte di loro vive in un altro studentato a pochi passi dal mio e ultimamente mi son trovata a passare qualche serata nella loro residenza.

Da perfetti italiani mi hanno subito adottata calorosamente e devo dire che ovviamente la cosa mi ha fatto molto piacere. Inoltre, dato che sono già qui da parecchi mesi mi hanno dato una mano ad orientarmi meglio soprattutto riguardo alle dinamiche della vita Erasmus. Assieme ad un ragazzo francese e ad uno spagnolo, che ormai si sono italianizzati (riescono a seguire i nostri discorsi tranquillamente e hanno imparato parecchie parole ed espressioni in italiano) formano un gruppetto vivace e dinamico. Ovunque si vada riescono ad essere l'anima della festa e non mancano d'iniziativa.

Venerdì scorso sono stata invitata ad una cena a base di squisita pasta al forno, cucinata da Andrea e Gloria, e torte salate, fatte da Claudia. Naturalmente, essendo una cena in stile italiano, l'orario indicato nell'invito non è stato assolutamente rispettato, ma dopotutto si trattava di un'occasione festiva e in questi casi la fretta e la puntualità vanno lasciate a casa. In un certo senso si trattava di una cena d'addio, visto che la ragazza di Andrea, Gloria, anche lei qui dal primo semestre, sarebbe partita la domenica successiva perché non ha avuto la possibilità di prolungare il suo soggiorno. 

A proposito di Gloria, il mio incontro con lei è stato davvero divertente. Mi trovavo al Campus Club (una sorta di bar che organizza eventi per tutti gli studenti di Kassel) e chiacchieravo con Livio e Stefano. Ad un certo punto lei si è avvicinata e dopo esserci presentate la prima cosa che mi ha chiesto è stata "Ma da dove vieni tu?" e io "Da Brescia". Ovviamente la mia risposta era superflua, perché il mio accento mi aveva tradito e lei aveva già intuito quale fosse la mia provenienza. Aveva solo bisogno di una conferma. A questo punto capisco che solo un'altra bresciana avrebbe potuto individuare con sicurezza la mia cadenza e quindi scopro che Gloria è di Bovezzo. Quando si dice che il mondo è piccolo...

Giorno per giorno scopro qualcosa di nuovo e divertente sulla colonia dei miei connazionali qui in Germania. Roberta, Lorenzo e Marta (assieme a Thibault, il ragazzo francese) sono senza dimora, perché non sono riusciti a rinnovare l'affitto presso lo studentato in cui si trovavano. Sono alla disperata ricerca di un tetto, ma la cosa si rivela estremamente difficile. Non tutti affittano volentieri a studenti Erasmus e per di più solo per un periodo di tre mesi. Da una settimana Roberta, Lorenzo e Thibault sono miei coinquilini: hanno infatti preso il posto di Ceci, la mia coinquilina spagnola, che nel frattempo è tornata in patria a trovare la famiglia. Oltretutto la povera Roberta ha anche due costole rotte, in seguito ad un incidente al Luna Park, e immagino che la cosa non faccia che aumentare la sua frustrazione.

Ieri ho scoperto che Lorenzo, Thibault e Marta hanno finalmente trovato un posto dove stare per i prossimi tre mesi, mentre Roberta ha deciso che per lei è più conveniente ritornare a casa. Mi fa piacere che siano riusciti a risolvere la loro situazione, anche se ai miei occhi la cosa era estremamente avventurosa e romantica. Ma effettivamente doversi spostare continuamente e lasciare averi sparsi in vari studentati non dev'essere per niente eccitante e divertente. 

L'ultima scoperta tragicomica, ma più comica che tragica per me che la vivo da fuori, risale a ieri e riguarda Andrea. Dopo il Campus Club mi sono recata con gli altri italiani nel loro studentato e come al solito ci siamo riuniti tutti nella camera di Stefano, meglio conosciuto col suo nome da pirata Nefasto Mordace. E' una camera spaziosa con un paio di divani alquanto comodi ed invitanti. Mentre chiacchieriamo noto che Andrea cerca su Internet dei voli per tornare in Italia, ma si ostina a cercare offerte solo con EasyJet. Quando gli chiedo perché non controlla anche sul sito di RyanAir mi risponde che lui non può volare con quella compagnia. La cosa mi lascia sbalordita e mi spinge ad indagare. 

Dopo aver tentato di smorzare il discorso con la tipica frase "è una storia lunga", Andrea cede al mio sguardo inquisitore e mi confessa che è stato bandito da Ryanair per aver fumato una sigaretta sulle scale dell'aereo. Per questo, al momento del misfatto, non gli è stato concesso di salire sull'aereo ed è stato costretto a prendere il volo successivo, pagando un biglietto salato. Successivamente gli è stato comunicato che avrebbe dovuto pagare una multa e il suo nome sarebbe stato inserito sulla Black List di Ryanair. Lui può prenotare voli a suo nome ma gli è stato assicurato che se dovesse presentarsi al check-in non verrebbe fatto salire sull'aereo. Dato che ci sembra impossibile che possa essere bandito in eterno, tutti gli suggeriamo di fare una prova prima o poi.

Mentre Andrea cerca di mettere in atto il nostro suggerimento io mi perdo nei miei pensieri, che ritornano ai truzzi che mi hanno accompagnato nel viaggio di andata. Nemmeno loro sono stati banditi nonostante il loro comportamento sguaiato ed irrispettoso, quindi com'è possibile che Andrea possa essere bandito a vita? Non sarebbe possibile scambiare i nomi su quella famigerata Black List, togliere il nome di Andrea e metterci i nomi dei truzzi???

venerdì 13 aprile 2012

Rock 'n' roll acrobatico? Perché no?

Venerdì sera: compleanno di Marta al terzo piano del Party Palace, come è soprannominato il dormitorio in cui sto. Si dovrebbe trattare di un pigiama-party, ma non tutti ne portano uno. Quelli che han deciso di presentarsi in pigiama, però, han preso la cosa sul serio: pantofole e mascherina completano la loro mise festaiola. Salgo al terzo piano con Stefano e i ragazzi bulgari verso le undici e troviamo già molta gente a buon punto col consumo di alcolici. Tavolo e divano sono stati spostati dal salotto al pianerottolo, dove sosta un buon gruppetto di gente. Oltrepassato il salotto, totalmente al buio per creare un po' d'atmosfera, la meta obbligata è la cucina, stracolma di gente, che forse vi si reca perché attratta dall'accecante luce come falene verso un lampione o più probabilmente perché istintivamente è portata a pensare che in cucina ci siano bicchieri e bevande, elemento chiave di una festa.

Iniziano a formarsi i vari gruppetti di conversazione e io, dopo aver chiacchierato con un po' di italiani e le ragazze della Lettonia decido di andare a "sfruttare" uno dei pochissimi tedeschi che ci sono alla festa, il povero tutor Chris, per fare due chiacchiere in tedesco, perché altrimenti va a finire che me lo dimentico invece di migliorarlo. Mentre parlo con Chris in salotto assisto all'allestimento di un cubo stile discoteca utilizzando una sedia, sulla quale la festeggiata si arrampica ed inizia a ballare. Cappello a forma di torta con tanto di candeline in testa, birra in mano, sorrisone. E' la sua festa e sembra che se la stia godendo come si deve. Peccato che probabilmente a causa del troppo alcool bevuto il suo equilibrio sia compromesso e questo, sommato alla foga della danza e alla superficie ristretta della sedia, la porta a tuffarsi nel vuoto. Peccato che sotto ci sia solo una distesa di moquette, che non attutisce di certo la caduta, ma che sicuramente assorbe la birra che la ragazza aveva in mano mentre ballava. La schiuma bianca evidenzia il punto di caduta, un po' come il nastro bianco che evidenzia la forma dei cadaveri sulle scene del crimine nei polizieschi. 

Ovviamente questo evento interrompe brevemente le conversazioni degli invitati, ma giusto il tempo di aiutare la festeggiata a rialzarsi. Mi guardo in giro e noto che nel frattempo l'appartamento si è svuotato parecchio. Un po' di gente se n'è andata a casa, altri sono sul pianerottolo, i bulgari sono scesi nel mio appartamento con la mia coinquilina, perché preferiscono i luoghi meno affollati. La mia attenzione viene catturata dal portatile collegato alle casse, in modo tale da servire come stereo per fornire la colonna sonora alla serata. Mi avvicino quindi al computer e con un altro paio di ragazzi iniziamo a selezionare le canzoni che ci piacciono e a ballare. Finalmente sento musica un po' più affine ai miei gusti. Dopo un po' che la cosa va avanti, noto che ormai la festa si sta fossilizzando: facce stanche che conversano al rallentatore in cucina, un paio di coppie formatesi durante la festa che si sbaciucchiano mentre tentano di ballare in mezzo alla stanza, ragazzi seduti per terra a parlare, qualcuno seduto sulle sedie appoggiate al muro che canticchia con sguardo totalmente rapito le canzoni che si alternano ormai a caso. 

A questo punto decido di scendere nel mio appartamento e nel salotto trovo i ragazzi bulgari che ascoltano musica tradizionale del loro paese, mentre bevono e chiacchierano. Quindi decido di fermarmi con loro, mi offrono da bere ed io inizio ad fargli domande sulla musica che stanno ascoltando. Parlare delle tradizioni del loro paese li infervora e quindi, un po' in inglese, un po' in tedesco ma soprattutto in bulgaro iniziano a spiegarmi anche come sono le loro danze tradizionali ed iniziano a ballare. Ovviamente anch'io devo ballare con loro. 

Viksan, il più matto del gruppo, inizia a far tremare fianchi e petto con le braccia tese verso l'esterno mentre mi spiega nella sua lingua cosa dovrei fare, convinto che io riesca a capire tutto. Quindi passiamo al Sirtaki, che a quanto pare non è solo una danza greca. Il mio "insegnante" mi prende per mano e mi mostra i passi, che in realtà non sono poi così difficili, ma alle quattro di mattina dopo aver bevuto qualcosa non lo sono affatto. Per concludere, Viksan mi mostra anche un'altro ballo tradizionale, che mi dice si balla soprattutto durante i festeggiamenti per un matrimonio. Quindi mi prende di nuovo per mano ed iniziamo a girare intorno al tavolo muovendo freneticamente i piedi a destra e sinistra. Dopo un giro perdo il ritmo e mi fermo. 

Ed è in questo momento che al bulgaro pazzo viene l'illuminazione. Mi chiede se mi piace il rock 'n' roll acrobatico. Io gli rispondo un po' preoccupata che mi piace guardare chi lo balla. Lui prende questa risposta per un sì assoluto e mi dice di conoscere qualche numero di acrobatica di base e vorrebbe che mi prestassi come sua ballerina. In un primo momento gli dico che non penso di essere all'altezza della cosa, ma su insistenza anche degli altri ragazzi presenti decido di accettare la proposta. Usciamo quindi nel parcheggio dietro al dormitorio e sotto la luce di un lampione, Viksan mi spiega, sempre in bulgaro, cosa devo fare. 

Devo utilizzare la sua spalla destra come perno su cui fare leva con le mani mentre mi piego per saltare e quindi alzare le gambe in aria in modo tale che lui possa afferrarle. Devo mantenere la presa durante tutta la "manovra" in modo tale che lui riesca a farmi ruotare lanciando le mie gambe dietro la sua schiena e viceversa. Purtroppo la cosa non riesce benissmo perché la paura di fargli male, la stanchezza e l'icompleta presenza mentale mi impediscono di fare le cose per bene. Però tutti sembrano essere divertiti e soddisfatti della cosa e uno dei ragazzi mi dice che ho solo bisogno di guadagnare più fiducia, che si ottiene facilmente con un po' di allenamento quotidiano. Certo, penso, se mai dovessi soffrire d'insonnia la prima cosa che mi verrà in mente sarà di chiamareViksan per allenarci in qualche mossa di rock 'n' roll acrobatico alle cinque di mattina nel parcheggio sotto la luce di un lampione!

giovedì 12 aprile 2012

Una sfida

In questi giorni non è successo granché, quindi lasciate che vi annoi un po' con un post di natura più riflessiva. Vi avviso in anticipo così se ritenete di aver meglio da fare potete interrompere qui la lettura. Ma dato che siete arrivati fin qui...

Ho deciso di intraprendere questa esperienza da sola. Certo, la cosa è stata anche favorita dal fatto di essere stata assegnata alla prima destinazione da me scelta, per la quale era disponibile solo una borsa erasmus. Comunque, dicevo, ho deciso di intraprendere questa esperienza da sola perché sono consapevole di essere una persona piena di insicurezze e fondamentalmente abbastanza timida. Dal momento che si tratta di due handicap alquanto notevoli se si tiene alla propria sopravvivenza in società, ho pensato bene di mettermi alla prova e di farlo in grande questa volta. Perché quasi ogni giorno mi spingo ad accettare delle piccole sfide che mi mettono alla prova sul piano delle mie debolezze. Per come la vedo io la scelta di partire per l'Erasmus è un pacchetto all-inclusive di una serie di sfide che non si possono nemmeno prevedere.

Ovviamente la sfida più evidente è socializzare con gli altri. Fortunatamente noi studenti erasmus ci troviamo più o meno tutti nella stessa situazione, quindi siamo portati a cercare di stabilire un contatto con gli altri studenti, anche se ognuno lo fa per gradi diversi. Ci sono quelli che sono venuti qui con altri colleghi di università e quindi, sono portati a trascorrere molto tempo con loro. Si sentono compagni d'avventura e non hanno certo intenzione di abbandonarsi l'un l'altro. Molto spesso si tratta di persone che non parlano bene nemmeno una lingua straniera. Quindi preferiscono rimanere nella loro area protetta detta anche "comfort zone", un termine più immediato secondo me, e qualche volta, quando sono costretti o quando sentono la necessità di scambiare almeno due chiacchiere con i non appartenenti alla loro cerchia, intrecciano qualche frase in inglese maccheronico, attendono una risposta, sorridono e se ne vanno.

Poi ci sono quelli che invece potrebbero facilmente comunicare con gli altri, dato che la loro lingua madre è la lingua usata per comunicare a livello internazionale, ma che invece vogliono rimanere nella loro sfera protetta, cercando di ricostruire l'atmosfera di casa anche qui. Certo, bisogna ammettere che di tanto in tanto si dimostrano anche aperti al dialogo con altre persone, ma la sensazione di diffidenza e di incertezza da parte loro è ancora troppo palpabile. Magari si stempererà col tempo. Ciò che li pone in una situazione privilegiata è il fatto che la loro lingua madre è una delle più studiate e richieste al momento e quindi tutti gli altri cercano di trovare il modo di conversare con loro per esercitarsi.

Ad un terzo livello, invece, ci sono quelli che sono qui per entrare a contatto con culture diverse dalla propria e quindi sono felici di servirsi del tedesco o dell'inglese per stabilire un contatto con chi non è un connazionale. Io credo di trovarmi in questa posizione e devo dire che anche se non credo sia scelta più facile, sarà sicuramente la più appagante. Questo non implica una forma di razzismo nei confronti degli altri studenti italiani che sono qui: li ho conosciuti e sono tutti molto simpatici, gentili e disponibili. Però ho paura di cadere nella trappola della via più comoda e dunque sto cercando di tenere ancora le distanze. Spero di riuscire più avanti a trovare un equilibrio tra le due opzioni.

Di quest'ultimo gruppo di persone devo dire che spesso rimango spesso stupita della loro generosità e apertura. Nonostante io sia una perfetta estranea per loro, riescono a farmi sentire a mio agio fin da subito. Si mostrano propositivi, disposti a condividere pasti ed uscite, a cercare di sollevarmi dubbi e incertezze o anche solo a strapparmi con qualche parola da un certo senso di smarrimento in cui a volte precipito. Questo naturalmente crea un senso di familiarità che porta anche una come me, piuttosto diffidente e introversa, a lasciarmi andare e a tentare di ricambiare in ogni modo con la stessa generosità.

In tutti questi gruppi, poi, bisogna tener conto anche dei cosiddetti marpioni. Anche questa è una cosa da mettere in conto, naturalmente, che porta a dover compiere un'ulteriore valutazione dei ragazzi che girano per cercare di comprendere quali intenzioni abbiano. Quindi decidere come comportarsi con ciascuno e dal momento che ci sono anche culture diverse in gioco bisogna anche prestare attenzione a quello. Perché per quanto le intenzioni di tutti siano le medesime, non è detto che i modi di esprimerlo siano gli stessi.

Insomma,  tutte queste condizioni e varianti mettono in moto nella mia testa un gran numero di elucubrazioni mentali, necessarie per cercare di fare le scelte comportamentali più adatte a ciascuna situazione in cui mi trovo. Certo, niente di nuovo sotto il sole: si tratta di situazioni che quasi ogni essere umano sperimenta. Ma diciamo che al momento questo tipo di pensieri occupano parecchio la mia mente, perché mi trovo ancora in quella fase delicata che è l' inserimento all'interno di un gruppo e non è certo il caso di rilassarsi.

martedì 10 aprile 2012

Inaugurazione del semestre estivo

La pacchia è finita: si inizia con le lezioni! Cerco di partire col piede giusto, quindi faccio la brava e mi alzo ad un orario decente anche se ho lezione soltanto nel pomeriggio. Mentre attendo che l'acqua per il caffé si scaldi (con le piastre ad induzione ci vuole un po' più di tempo rispetto al gas normale) metto i panni sporchi e i detersivi in un cesto e mi dirigo nel dormitorio qui accanto per fare la mia prima lavatrice tedesca. Ovviamente dopo aver sceso tre piani di scale, attraversato un cortile, risalito altre scale e percorso un corridoio giungo alla lavanderia e scopro che per attivare la lavatrice servono delle monete, che io non ho con me. Quindi lascio la cesta sulla lavatrice, ritorno di corsa in camera, recupero i soldi e torno indietro.

Dopo aver letto con attenzione le istruzioni d'uso (non si sa mai che qui le cose funzionino diversamente che in Italia) avvio la lavatrice e ritorno alla mia acqua che ormai sta bollendo da un po' sui fornelli. Faccio colazione mentre leggo un po' di notizie sia sui quotidiani italiani che tedeschi e quindi cerco di fare qualcosa per il blog del corso di tecniche di scrittura multimediale, perché non bisogna dimenticare la preparazione per gli esami da sostenere anch in Italia. Quindi ritorno in lavanderia a recuperare le mie cose e dato che non ho abbastanza monetine anche per l'asciugatrice decido di stendere in camera mia. Per fortuna l'appartamento è dotato di ben due stendibiancheria. 

Tra una cosa e l'altra si avvicina l'ora di pranzo quindi mi dirigo verso la mensa per pranzare. Si vede che oggi è giorno di rientro per tutti gli studenti, perché la coda per la mensa inizia fuori dalla mensa stessa. In ogni caso il traffico si smaltisce abbastanza rapidamente. Quindi riempio il vassoio, cerco un posto libero ai tavoli e mangio rapidamente per poter avere il tempo necessario per cercare l'aula della mia prima lezione qui a Kassel. Faccio bene a prendermi un po' di tempo perché anche se trovo immediatamente la strada su cui si affaccia l'edificio in cui devo recarmi, non riesco a trovare l'edificio in questione. Dopo aver percorso per due volte questi duecento metri di strada in salita, finalmente trovo l'entrata e dopo aver percorso un corridoio che ricorda molto un labirinto giungo di fronte alla classe in cui si terrà la lezione di "E-Learning". 

Apro la porta, mi affaccio e vedo che è vuota. Quindi decido di aspettare nel corridoio l'arrivo di qualche altro studente per verificare che si tratti del posto giusto. Si sa mai che abbia copiato l'indirizzo sbagliato. Di lì a poco si presentano un paio di ragazze a cui chiedo informazioni e loro mi dicono che sono lì per la stessa lezione. Quindi entriamo e aspettiamo l'arrivo del professore. Un po' alla volta entrano altri studenti: tutti sembrano conoscere tutti e si scambiano saluti affettuosi e commenti su come hanno trascorso le vacanze di Pasqua. Trascorso il quarto d'ora accademico si presenta anche il professore, che con gesti pacati e meticolosi estrae da una borsa un mini-proiettore, lo collega al suo portatile, attacca tutto alla corrente. Già il modo di fare di quest'uomo mi piace. E' assolutamente rilassante.

Inizia la lezione e la cosa che mi tranquillizza è che riesco a seguire bene quello che sta succedendo intorno a me. Certo, devo ammettere che il momento in cui il prof. spiega le modalità di verifica del corso mi agito un po', ma è una cosa normale. Dopo tutto non c'è molta differenza dal modo in cui ho affrontato gli esami di tedesco in Italia, quindi dovrei farcela ad affrontarli qui. Il momento migliore della lezione è rappresentato dal fatto che mi trovo a spiegare ai tedeschi il significato della sigla "http" e di "ipertesto" e sembro essere l'unica persona consapevole del fatto che "Internet" e "World Wide Web" sono due realtà separate, benché vengano spesso fatte coincidere. Si tratta di una cosa che solo i miei colleghi di tecniche di scrittura multimediale sono in grado di comprendere, quindi è una cosa che accenno soprattutto per loro. 

Terminata la lezione gli studenti esprimono il loro gradimento bussando sul banco: è una pratica di cui già aveva accennato la mia prof. di Cultura dei paesi germanofoni, tuttavia resto sopresa nel momento in cui realizzo che si tratta di una pratica assodata e soprattutto ripetuta alla fine di ogni lezione. Infatti anche la seconda lezione del giorno si chiude con una "bussata" generale, molto più fragorosa della precedente. In effetti la seconda lezione "Introduzione ai metodi della didattica della lingua" è tenuta da un professore e dal suo assistente che sanno davvero come intrattenere un pubblico.

Questa volta si tratta di una "Vorlesung" ovvero di una lezione frontale e non di un seminario come nel caso precedente. Quindi siamo in un'aula molto più grande e c'è molta più gente ad assistere. I due personaggi in questione si presentano con circa cinque minuti di ritardo (cosa insolita per dei tedeschi, ma ehi, in questi giorni sto vedendo cose che sfatano ogni stereotipo su di loro) e quindi iniziano a presentarsi in una forma di dialogo serrato tra i due, che si rivela anche piuttosto divertente. A quanto pare la palantina rapida e mordace è una loro peculiarità, perché il resto della lezione procede in questo modo. 

Purtroppo il fatto che parlino in maniera estremamente rapida non mi permette di comprendere ogni singola parola e ogni tanto mi perdo qualche battuta. In ogni caso immagino che mi ci abituerò e la comprensione aumenterà. In particolar modo la "performance" del professore è degna di un comico. A parte le imitazioni di certe categorie di insegnanti, come quelli fissati con la pedagogia o con la pura trasfusione di nozioni, ci porta ad esempio modalità di insegnamento della grammatica sotto forma di canzoni rap, che legge ad alta voce cercando di trovare un ritmo e una melodia al testo. Quindi raggiunge il top nel momento in cui spara un numero a caso di regioni tedesche, ventiquattro invece che sedici, dichiarando di non ricordarsi effettivamente quante sono. Dato che lo so io, che sono italiana, la cosa mi stupisce alquanto ma l'effetto comico è impagabile. 

Alla fine della lezione vado ad informare il prof. della mia presenza al corso e lui, estremamente gentile, mi chiede da dove vengo e si rende disponibile a rispondere a qualsiasi domanda io abbia. Torno a casa piacevolmente soddisfatta della giornata e mi ricordo che devo fare la spesa. Quindi, nonostante sia un po' stanchina, compilo la mia lista della spesa, prendo il trolley (che uso per il trasporto della spesa, visto che non sono automunita) lo riempio con le bottiglie d'acqua vuote da restituire e mi reco al supermercato. 

Vicino al dormitorio ci sono tre supermercati riuniti in un'unica zona: Rewe - alimentari, Rewe - bevande e Aldi (catena simile al Lidl). Prima entro da Aldi, dove restituisco le bottiglie per un guadagno totale di 1.25 € e compro una tessera telefonica con numero tedesco. Quindi mi reco nel negozio di bevande per prendere un po' d'acqua e birra e poi vado a far spese di alimentari. Giunta alla cassa degli alimentari apro il trolley per riempirlo e la cassiera si alza per controllare che non abbia nascosto niente nel trolley. Vorrei dirle: non è colpa mia se qui separate la vendita di alimentari da quella delle bevande e mi tocca fare la spesa prima da una parte e poi dall'altra! Mica faccio avanti e indietro da casa apposta per te! Poi ovviamente le rispondo con un docile "no, no" e raccolgo la mia spesa.

Tornata a casa sistemo la spesa e dato che vedo Ryan indaffarato a preparare la cena, decido di farlo anch'io, così almeno ceno in compagnia di qualcuno. Nel frattempo compare anche la ragazza turca, Tuba (non so se lo spelling è giusto...) e così tento di instaurare una conversazione anche con lei. Incredibilmente, nonostante le sue frasi contengano tre parole in inglese e il resto in turco, riusciamo a capirci. Sembra una ragazza molto dolce e simpatica. Offre pure a me e a Ryan una parte della sua cena che consiste in una specie di salsa fatta con pomodori, uova, sale e olio in padella, aromatizzata con spezie sconosciute nella quale vanno intinti pezzi di pane, un po' come quando si fa la scarpetta dopo aver mangiato gli spaghetti al pomodoro.

Dopo poco Ryan ci lascia per dedicarsi ai suoi impegni e io e lei continuiamo a conversare. Le offro un po' del mio thè post-cena, aromatizzato all'arancia e marzapane, così possiamo chiacchierare ancora un po'. La conversazione si interrompe quando sua madre la chiama al telefono e così io ritorno ai miei affari. Dopo un'oretta rispunto in salotto e ci sono gli americani riuniti attorno a delle birre a parlare. Oltre ai miei due coinquilini, Kyle e Ryan, c'è anche un'altra americana di cui ahimè non ricordo il nome. Kyle è così gentile da offrirmi una birra e così mi siedo a sciallarmi con loro, o come dicono loro " to just chill out".

Un'altra occasione per osservare da vicino il modo in cui interagiscono tra di loro. Parlano molto di programmi televisivi, reality show, a quanto pare guardano spesso la TV. Alcuni di questi programmi mi sono noti, la maggioranza sono sconosciuti. Quindi si passa a parlare di loro conoscenti che per frequentare l'università sono stati costretti ad arruolarsi nei marines, perché non disponevano dei mezzi necessari per iscriversi e non erano così brillanti da ottenere delle borse di studio.

La conversazione scorre con il sottofondo della televisione sintonizzata su un canale dell'europa dell'est che  trasmette videoclip di canzoni pop. Ad un certo punto la nostra attenzione viene catturata da dei messaggi in sovraimpressione in lingua slava, ovviamente a noi sconosciuta, che sembrano spiegare delle posizioni del Kamasutra. In ogni caso le didascalie sono corredate da immagini stilizzate che permettono a tutti di capire di cosa si stia parlando. Le varie posizioni si alternano continuamente suscitando l'ilarità generale. Iniziamo a leggere i nomi slavi di queste "posture" e gli americani si producono nell'invenzione di nomi americani per ciascuna di esse. Su questa nota piccante lascio il salotto e mi ritiro nelle mie stanze. 

sabato 7 aprile 2012

Normalità: vocabolo assente nel dizionario dell'Erasmus

Sabato: gita a Göttingen. Ritrovo alla stazione centrale alle ore 9.25: non male visto che sono tornata a casa alle tre la notte precedente. Nonostante tutto riesco a svegliarmi senza grossi problemi addirittura prima che suoni la sveglia. Quindi arrivo puntualissima al ritrovo e dopo quarto d'ora si parte. La mia non è l'unica faccia stanca, tanti hanno festeggiato ieri sera e alcuni non sono nemmeno andati a dormire. Si tratta di alcuni ragazzi della Bulgaria che ieri sera erano nel mio appartamento a festeggiare, lì li ho ritrovati al mio ritorno in tarda nottata e stamattina alle sette sentivo ancora le loro voci nel salotto. Questi Bulgari hanno una capacità di resistenza all'alcool e al sonno incredibile!

Mentre aspettiamo nell'atrio della stazione vediamo avvicinarsi un ragazzo vestito da infermiera con tanto di parrucca biondo platino a caschetto. Inizia ad estrarre dolcetti ed altri oggetti dalla scatola che porta con sé spiegando che tra qualche giorno si sposerà e com'è tradizione in Germania bisogna vendere degli oggetti a sconosciuti per racimolare un po' di soldi. Purtroppo per lui nessuno di noi gli presta attenzione e quindi è costretto a tentare la fortuna tra i passeggeri del treno su cui saliamo anche noi. A quanto pare questo è un periodo buono per i matrimoni in questa zona, perché non è la prima persona che incontro in questi giorni. Per di più in centro a Göttingen ne troviamo un'altra.

La partenza del treno è accompagnata da una spolverata di neve, cosa che lascia alquanto allibita visto che siamo ad Aprile e non ci troviamo al Polo Nord!!! In ogni caso l'ansia che la neve ci stia aspettando anche a Göttingen scivola via dalla mia mente nel momento in cui vedo dei raggi di sole entrare dal finestrino lungo il viaggio. Giunti a destinazione usciamo dalla stazione e le mie speranze in un clima più mite vengono violentemente spazzate via da una raffica di vento gelido che taglia letteralmente la faccia. Inizio a chiedermi chi me la fatto fare di alzarmi e venire qui, tanto avrei mille altre occasioni per visitare la città. Ormai sono qui, vediamo di goderci la passeggiata.

Göttingen è una piccola cittadina con un centro storico alquanto pittoresco, tempestato di case a graticcio che qui, a differenza di Kassel, sono sopravvissute ai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Gli edifici che circondano il centro, invece, contrastano pesantemente con lo stile architettonico del centro: si tratta per lo più di palazzi risalenti agli anni Settanta, dalle linee dritte e squadrate e dai colori tristemente spenti e piatti. Percorriamo il "Cammino dei Pianeti", seminato di pannelli che rappresentano i pianeti e il sole, quindi giungiamo alla "Statua della Felicità" per poi dirigerci al municipio, che visitiamo internamente e quindi ci dirigiamo verso il giardino botanico e poi all'università.

Terminato il giro ritorniamo verso il centro per pranzare e in attesa dell'ora di partire alcuni di noi si infilano in una caffetteria per terminare il pranzo con un caffé o un cappuccino. Si rivela un  momento per approfondire la conoscenza di alcuni degli studenti erasmus che ormai vedo da giorni, ma di cui conosco a malapena il nome. Tra tutti quello che si distingue di più è Ivans, un ragazzo Brasiliano dai tratti tedeschi (proviene dal sud dello stato, che è stato luogo di emigrazione per tedeschi e italiani), che studia ingegneria meccanica qui a Kassel.

La sua abiliità di infilare una battuta dietro l'altra, accompagnata dalla capacità di rapportarsi a chiunque come se fosse suo amico da anni e il sorriso perennemente stampato in faccia si mescolano in un vortice energetico che risulta contagioso. Non gli ci vuole molto per dominare la scena e il fatto che abbia una vita alquanto interessante non fa che aggiungere una nota di fascino che cattura tutti i presenti. Studente di ingegneria, è anche titolare di un mattatoio che era di proprietà del padre ora deceduto e che lui ora gestisce con l'aiuto della madre e della sorella. Tra i progetti per il futuro ha il matrimonio all'età di ventisette anni, seguito da tre anni di viaggi per il mondo assieme alla moglie (che ha cinque anni di tempo per trovare) dopodiché potrà iniziare a figliare. Da bravo ingegnere, come dice lui, ha già pianificato tutto meticolosamente.

Terminato lo show di Ivans ci dirigiamo verso la stazione. Passando sopra un ponte notiamo un carrello della spesa ed una bicicletta sono stati gettati selvaggiamente nell'acqua. Ivans non ci pensa due secondi di più: scende al fiume attraverso la discesa che lo collega alla strada principale, recupera il carrello, pieno di alghe ed inizia a spingerlo per la strada. In quel momento sopraggiunge un altro studente erasmus completamente pazzo, un bulgaro con un nome che ricorda tanto un medicinale, Viksan, che si propone di saltare nel carrello per farsi spingere. Suo malgrado il carrello continua a scivolare, impedendogli di salire, al che Ivans agilment salta nel carrello e si fa spingere da Viksan fino alla stazione. Una coppia di comici è nata.

Il pomeriggio trascorre in fretta tra la spesa e un sonnellino per recuperare le ore di sonno perse e quindi arriva presto il momento di prepararsi ad uscire. Questa sera si esce con Ryan, Chris, uno dei tutor dell'università, e il suo amico Daniel, altro tutor dell'università. Dato che Ryan, da buon americano, non parla molto tedesco, passiamo la prima parte della serata  a conversare in inglese, dopodiché ho la possibilità di parlare finalmente in tedesco con Chris e Daniel, che si alternano a chiacchierare con me e Ryan.

Daniel e Chris studiano e vivono a Kassel da qualche anno e quindi conoscono bene la città. Passiamo in rassegna un paio di locali, che purtroppo sono troppo affollati e ci dirigiamo quindi al "Lolita", un bar su due piani in stile "vintage" un po' come il 24 di Cunettone di Salò e per la prima volta da quando sono qua finisco in un locale in cui mi sento a mio agio, sia per la gente che per la musica. Tra una birra e l'altra scopro un paio di cose "interessanti".

Innanzitutto vengo informata che è abitudine dei giovani tedeschi  brindare guardandosi negli occhi, perché il mancato scambio di sguardi è portatore di sette anni di sesso insoddisfacente. In secondo luogo, chiacchierando con Daniel, vengo a sapere che al piano terra del palazzo in cui vive lui (il che vuol dire a trecento metri da dove vivo io) sei anni fa un kebapparo è stato ucciso da dei neo-nazisti nel suo negozio e che qualche giorno fa, in occasione dell'anniversario, le troupe televisive hanno trascorso un'intera giornata sulla scena del crimine per ripercorrere gli eventi. Direi che dopo la fabbrica di Panzer e questo non so proprio cos'altro aspettarmi. Kassel è decisamente una città piena di storia!

venerdì 6 aprile 2012

Karfreitag - Venerdì Santo

Venerdì santo: in Germania è festa nazionale, quindi negozi ed uffici sono chiusi. Non avendo molto da fare e non potendo nemmeno uscire per fare un giro per negozi decido di dormire fino a tarda mattina, anche perché il fatto che sia festa mi autorizza automaticamente a farlo. Non è festa se non si può dormire fino a tardi. Dopo colazione porto la tazza in cucina per lavarla, mi guardo in giro, faccio un respiro profondo e decido che è giunto il momento di pulire la cucina.

Infilo i guanti, mi armo di straccio e "Chillit Bang" e lentamente inizio ad eliminare gli strati preistorici di grasso e polvere accumulatisi negli anni. Fortunatamente viene in mio soccorso Cecilia, la ragazza spagnola e così in "sole" tre ore portiamo a compimento un lavoro che renderebbe orgoglioso Mastro Lindo o come è chiamato qui Meister Proper.

Nella pulizia riempiamo due sacchi di spazzatura e li portiamo nel cortile nell'area occupata dai cassonetti. Sorprendentemente esiste un solo cassetto per i rifiuti misti e uno per la carta. A quanto pare da queste parti la raccolta differenziata non è uno dei problemi principali. Il campo a pochi metri da qua ne è una testimonianza: ha decisamente l'aspetto di una discarica a cielo aperto. Dal momento che l'unico cassonetto disponibile è anche stracolmo siamo costretti a lasciare i sacchi per terra nelle vicinanze. Devo ammettere che appoggio il sacco a terra con una certa riluttanza essendo ormai entrata completamente nella mentalità della raccolta differenziata.

Dopo una doccia rapida decido di accogliere la proposta di Ryan di andare a fare una passeggiata. Usciamo e ci dirigiamo verso la fermata del tram che ci porta alla meravigliosa tenuta di Wilhelmshöhe, antica dimora estiva degli imperatori tedeschi. Trascorriamo così un paio d'ore esplorando una minuscola parte del parco, imboccando a caso sentieri che si insinuano tra gli alberi del bosco che circonda la magione principale. Osservare i rami spogli e contorti di questi alberi che si stagliano scuri su un cielo illuminato da un pallido sole al tramonto non possono che evocare ricordi di dipinti del periodo Romantico facendo comprendere quanto sia viscerale il rapporto tra Germania e Romanticismo.

Terminata la passeggiata torniamo a casa e ci prepariamo per uscire. Stasera il programma prevede l'uscita in un locale qua vicino, una sorta di club/discoteca dove dovrò un'altra volta adattarmi a ballare al ritmo delle dance-hit americane del momento. La cosa positiva è che il prezzo d'entrata per stasera è ridotto dal momento che si prevede uscirà poca gente essendo venerdì Santo. A quanto pare qua il Venerdì Santo è preso seriamente, nel senso che c'è una legge che proibisce alcool e danza in questa giornata.

In effetti il locale è vuoto quando ci presentiamo noi a mezzanotte e non si riempie nemmeno nelle ore successive. Miei compagni stasera sono quattro americani, i miei due coinquilini e alte loro due connazionali, Stefano, il ragazzo di Padova, e due ragazze turche. La serata si rivela un'occasione per osservare da vicino come interagiscono tra loro gli americani. Sembrano avere un linguaggio tutto loro, sia per lo slang che utilizzano che per la loro gestualità. Gesti e parole che potrebbero apparire comprensibili a noi europei in realtà sono carichi di un significato maggiore, più profondo, che solo gli americani possono comprendere. Per loro è una cosa naturale, ce l'hanno nel sangue e lo stesso vale per ogni cultura credo. Condividere lo stesso background porta inevitabilmente ad un'intesa maggiore tra le persone.

Passo parecchio tempo a conversare con loro, per cercare di capirli un po' meglio, ma direi gli stralci di conversazione che vale la pena riportare sono essenzialmente due. Sto commentando con Kyle (uno dei coinquilini) l'aspetto di due ragazze che indossano abitini che coprono lo stretto necessario e che probabilmente sono di un paio di taglie in meno, cosa che provoca l'inevitabile straripamento delle ciccie in qualsiasi direzione di sfogo. Quindi gli dico che io ed un'amica ci siamo fatte fare una maglietta con la scritta "Leggings are not pants, so cover your ass" per contrastare il fenomeno delle culone che indossano leggings come se fossero pantaloni e lui mi dice "Sì, ma a me 'sta cosa va bene" al che io esterrefatta replico "ma sto parlando di ragazze con culi enormi" e  lui mi risponde "Believe me, I'm American, I get my good deal of bad asses" (tradotto "Credimi, sono americano e di culi orrendi ne vedo parecchi") cosa che mi fa schiantare a terra dal ridere.

Poco dopo mi sposto verso il bancone del bar dove raggiungo Ryan e lo vedo afferrare un bicchiere di cocktail fresco fresco e togliere la cannuccia dal bicchiere. Quindi gli chiedo la motivazione di questo gesto e lui gentilmente mi spiega che essendo americano non può bere con la cannuccia perché essa rappresenta negli USA un simbolo fallico e quindi un uomo che succhia da una cannuccia dimostra di non essere etero. Dopodiché aggiunge che la cosa è citata perfino in una canzone, dove si sottolinea come l'uso della cannuccia faccia la differenza appunto tra americano ed europeo. Anche qui io mi spiaccico a terra dalle risate pensando che questi americani sono davvero dei personaggi particolari.  Chissà cos'altro scoprirò prossimamente...




giovedì 5 aprile 2012

Lost in the supermarket

Ultima giornata di orientamento. Stamattina non è successo un granché. Dopo la presentazione noiosa della mattinata sono rientrata a casa e sono andata a fare shopping per l'ennesima volta questa settimana. Sì, perché innanzitutto il primo giorno non sapevo quanta roba potessi comprare dal momento che non sapevo quanto spazio avessi a disposizione nei mobili della cucina. Per ora mi sono presa mezzo armadietto e metà frigorifero, ma credo che riuscirò ad espandermi visto che la ragazza turca e uno dei ragazzi americani praticamente non mangiano in casa.

In secondo luogo c'è da dire che qui in Germania si è costretti a fare la spesa separatamente. Con separatamente intendo dire che esistono supermercati dove si vendono solo alimentari, altri dove si vendono solo prodotti per il corpo, altri dove si vendono solo detersivi e detergenti e altri ancora dove si vendono solo bevande. Questo comporta un continuo entrare ed uscire da porte scorrevoli con carrelli e borse collezionando un numero infinito di scontrini. Sinceramente non riesco a comprendere la logica della cosa, ma devo accettarla, non ho scelta.

Un'altra cosa terribile dei negozi di alimentari tedeschi è l'enorme, esagerata, straripante presenza di cibo spazzatura, dolciumi, salse e patatine di ogni genere. La creatività dei tedeschi nel creare le combinazioni più assurde di dolci, salati e condimenti è decisamente sfrenata. Qui è perfino difficile trovare degli yoghurt magri!!!! Le parole colesterolo, grasso in eccesso, sovrappeso e obesità trasudano dalle confezioni dei prodotti allineati sugli scaffali.

Una delle cose intelligenti dei supermercati tedeschi, invece, consiste nella possibiltà di restituire bottiglie di plastica e vetro in cambio di un rimborso per il vuoto (Pfund), che si aggira tra i 20 e i 50 centesimi. Direi che è una cosa estremamente positiva e soprattutto rispettosa dell'ambiente. Siamo in Germania dopotutto. Anche se devo dire che ho notato che l'ossessione per la raccolta differenziata non è così diffusa da queste parti. Ma di questo parlerò un'altra volta.

Inoltre girando per la città è molto difficile trovare delle tabaccherie, perché le sigarette di solito vengono vendute al supermercato. Di solito sono posizionate nei pressi della cassa rinchiuse in teche accessibili solo dalle cassiere o in distributori automatici posti a fianco del nastro scorrevole, che sputano fuori i pacchetti al tocco del display con le immagini dell'involucro dei pacchetti. Al di fuori dei supermercati è anche difficile trovare distributori di sigarette automatici. Totalmente diverso dall'Italia.

Ah, un'ultima cosa a proposito delle bevande. A parte il fatto risaputo che la birra costa quasi meno dell'acqua, dovete sapere che qui in "Tedeschia" è possibile trovare le varianti più impensabili di bibite analcoliche e succhi. Il più famoso è ovviamente il succo di mela "Apfelschorle", che ha un po' l'aspetto e la consistenza del Bacardi Breezer arancio. I germani non sono assolutamente capaci di bere dell'acqua naturale, semplice, insapore, inodore. Noooo, loro la preferiscono gasata, talmente gasata che rischia di bruciarvi l'esofago e lo stomaco.

Trovare dell'acqua naturale normale è una sfida e infatti la prima volta che mi sono avventurata a comprarne sono stata fregata. Dopo aver scrutato tre tipi di confezioni di acqua diverse per colore (cosa che di solito denota la natura diversa dell'acqua) ho optato per quella con l'etichetta "senza gas". Peccato che nel momento in cui mi sono apprestata a berla ho scorto un'altra piccola scritta sull'etichetta "aromatizzata alla mela"!!!! Perchééééé??? Perché io dico! Boh, almeno continuando a leggere le etichette dei prodotti spero di imparare qualche nuovo vocabolo...





Il fantasma dei coinquilini passati

Questo post nasce come risposta ad un articolo segnalatomi da un'amica riguardo alla comunicazione tra studenti erasmus che condividono un appartamento. Nel bagno del mio appartamento qui a Kassel ho trovato delle singolari incisioni rupestri che secondo me meritano di essere rese di pubblico dominio.
Questa è la prima comunicazione affissa accanto alla doccia:




Risposta:




Quindi seguono altre scritte tipiche della categoria "graffiti da bagno".
Nel bagno degli uomini (ho corretto la foto in modo da far risaltare le scritte):



Nel bagno delle donne (ho corretto la foto in modo da far risaltare le scritte):




mercoledì 4 aprile 2012

Differenze culturali?

Secondo giorno di orientamento. La mattina ci riuniamo di nuovo nella Hörsaal IV per seguire una presentazione in Power Point sull'organizzazione dell'università di Kassel. Entro nella sala e dopo aver salito qualche scalino intravedo la ragazza americana e il ragazzo italiano e mi siedo accanto a loro. Mentre chiacchieriamo in inglese arriva una ragazza che mi chiede se il posto vicino al mio è libero. Capisco subito che è italiana, ma faccio finta di niente e le rispondo tranquillamente in inglese. Voglio evitare il più possibile di socializzare con gli italiani, perché so già che finirei per parlare troppo nella mia lingua e allora venire in Germania si rivelerebbe davvero inutile. La presentazione finisce e la ragazza italiana se ne va senza aver minimamente intuito quale sia la mia nazionalità. La cosa mi rende alquanto soddisfatta.

Come abbiamo fatto ieri ci spostiamo in un'altra aula con il nostro Tutor dove discutiamo di alcuni aspetti principali della vita in Germania e poi facciamo un confronto con i nostri paesi d'origine. Ovviamente io sono preparatissima, dopo il lavoro che abbiamo fatto in università nel primo semestre di quest'anno. Conclusasi anche questa fase del programma di orientamento mi reco in mensa in compagnia di alcune studentesse erasmus. Si tratta di un edificio circolare in mattoni rossi come il resto degli edifici dell'università, che presenta porte-finestra su ogni lato, dalle quali penetra luce a sufficienza per illuminare perfettamente l'ampio spazio interno. Parecchia gente vi mangia ogni giorno e per questo sono stati avviati dei lavori di ampliamento dell'edificio. Il motivo di questo affollamento? I prezzi sono bassi, il cibo molto buono e servito in abbondanza.

Dopo pranzo decido di rinunciare alla visita al Palazzo Wilhelmshöhe e ne approfitto per riposare un po' in preparazione all'erasmus party in programma per la serata. Pianifico con cura le attività pomeridiane in modo tale da essere pronta per le 19.30, orario in cui inizia il tour dell'università in cui il capo della polizia di Kassel ci mostra alcune misure di sicurezza da osservare in caso di emergenza. Indosso il giubbino alle ore 19.25 e soddisfatta mi dirigo verso la porta d'ingresso dell'appartamento quando mi accorgo di non avere le chiavi di casa con me.

Cerco nelle tasche del giubbino, dei pantaloni, della borsa: niente. Ritorno in camera guardo sopra e sotto il letto, nell'altra borsa, sulla scrivania, nel cestino della carta, nell'armadio, sotto il lavandino: niente. Ritorno in salotto, guardo per terra, dietro il divano; vado in cucina, apro un po' di sportelli: della chiave nemmeno l'ombra. Guardo nella serratura della porta dell'appartamento dove già avevo dimenticato una volta la chiave ma niente. Il panico inizia a salire ed aumenta vertiginosamente quando, dopo aver detto alla mia coinquilina che non trovo le chiavi, lei mi risponde che se non le recupero dovrò pagare 300 euro di multa. Scheiße!!!! Ricomincio a cercare da capo quando decido di guardare anche nella serratura della porta della mia camera. Ovviamente la chiave è sempre stata lì. E io mi sento molto, molto, molto stupida.

Arrivo quindi con quindici minuti di ritardo alla riunione col poliziotto, facendomi riconoscere da brava italiana ritardataria quale non sono di solito. Terminato il giro di sicurezza il gruppo di studenti erasmus si sposta quindi al famigerato K19 (KaNoinzeeeennn, solo la pronuncia tedesca può far comprendere almeno in parte la natura leggendaria di questo posto), un vecchio capannone adibito a locale. Qui ci aspetta un po' di spumante dolce per brindare alla prima settimana e una pizza al taglio di media decenza. Fin da subito il dj parte con la sua selezione musicale, giudicata da tutti abbastanza scadente.

Gradualmente però l'atmosfera si riscalda (credo grazie all'alcool che inizia a circolare) e gli studenti si scatenano nelle danze. Due cose mi colpiscono in particolare osservando la pista da ballo. Una è vedere i modi diversi di esprimersi nel ballo propri di ciascuna nazionalità. I turchi e i bulgari sono tra i più scatenati e i più articolati e coreografici. Anche gli spagnoli, i lettoni e i sudamericani si abbandonano a danze scatenate. Sorprendentemente anche i francesi non sono da meno, mentre gli italiani e gli americani sembrano assomigliarsi molto, ballano quanto serve ma in maniera abbastanza semplice e ripetitiva. I tedeschi ovviamente stanno quasi tutti a guardare.

La seconda cosa particolarmente suggestiva è vedere come certe canzoni riescano a riunire tutte le nazionalità presenti nel locale. Tutti esultano contemporaneamente nel sentire le prime note della canzone, tutti conoscono le parole, tutti ballano allo stesso ritmo, un ritmo che ormai è penetrato nel loro inconscio e che li fa muovere quasi automaticamente. Potrebbe essere considerato un effetto della globalizzazione, ma dal vivo risulta un effetto estremamente straordinario ed eloquente. Dà l'idea dell'unione nella diversità. Incredibile. Non credo di aver mai assistito ad una scena simile. Forse sto iniziando a comprendere realmente di quali significati sia carico il concetto di Erasmus.

martedì 3 aprile 2012

Una molletta da bucato

Oggi è iniziata la settimana di orientamento per gli studenti stranieri. Mi presento alle 10 come previsto davanti ad una delle aule nel campus principale, dove trovo molti altri studenti, divisi in gruppetti: alcuni chiacchierano, altri scrivono il proprio nome e disegnano la bandiera della propria nazione su etichette che poi si applicano sul petto, altri ancora si guardano in giro in attesa di un segnale. Finalmente si presentano i nostri "Tutoren" che distribuiscono delle borse di tela piene di brochure, depliant e simili e ci fanno entrare nella "Horsaal". Qui iniziano i discorsi di accoglienza dei vari responsabili degli uffici che offrono servizi agli studenti stranieri. Tra questi c'è anche il capo della polizia di Kassel, che oltre ad invitarci a rivolgerci alla Polizei in caso di necessità, ci invita ad unirci a lui domani per seguire un breve tour dell'università in cui ci illustrerà le misure di sicurezza in caso di emergenza. Sicuramente farò un salto, anche perché il tipo mi ispira simpatia.

Terminati i discorsi d'accoglienza i tutor si presentano e ci dicono di guardare nelle nostre borse: se ci troviamo una molletta saremo nel gruppo di Ali, se troveremo una cannuccia saremo guidati da Chris se una merendina da Hatice. Nella mia borsa trovo una molletta da bucato e quindi, uscita dalla sala, seguo Ali in un'altra classe dove ci riuniamo per fare conoscenza e veniamo istruiti su altri aspetti della vita universitaria. Il tutto è molto utile ed interessante ma io continuo a controllare l'orologio perché so che all'una l'ufficio servizi informatici chiude e se non riesco a presentarmici in tempo col mio portatile resto senza internet per un altro giorno. Da buona internet-dipendente quale sono e desiderosa di ricollegarmi al world wide web per dare mie notizie ai miei genitori e agli amici devo ottenere la connessione entro stasera.

Finalmente Ali ci lascia liberi a venti all'una, quindi io attraverso di corsa l'università, mi precipito in appartamento, recupero il portatile, riesco dal dormitorio e ritorno al campus di corsa, manco stessi recitando nel versione moderna di "Lola corre" (p.s. se non l'avete visto è un buon film tedesco che vale la pena guardare). Giungo ansimante e schifosamente sudata all'ufficio quando mancano due minuti all'una, mi presento come una disperata alla porta dell'ufficio e blatero qualcosa tra il tedesco e l'inglese per attirare l'attenzione del tecnico. Dopo cinque minuti il mio portatile è finalmente assettato per la connessione nel campus. Vittoria!!!! Ora posso finalmente rilassarmi.

Non resisto alla tentazione e provo subito a connettermi: che gioia nerdosa mi riempie quando sullo schermo compare la homepage di google! Quindi passo le due ore di pausa a nostra disposizione a rispondere alle domande e ai messaggi inviatemi in questi pochi giorni da amici e parenti curiosi di sapere come sto, come mi trovo, come va.... Dopodiché giunge il momento della gara: una sorta di caccia al tesoro per acquisire un po' di dimestichezza con l'università.

Raggiungo gli studenti erasmus davanti alla biblioteca e qui i tutor ci fanno dividere in gruppi di cinque persone, tutte di nazionalità diversa, e ci consegnano dei fogli su cui sono stampate delle domande cui dobbiamo rispondere nel giro di un'ora. Iniziamo quindi a leggere e a cercare le risposte tra gli appunti presi durante la mattinata, chiedendo agli studenti o recandoci negli uffici indicati nel questionario. Un'ora dopo consegnamo i fogli compilati ai tutor presso uno dei bar dell'università e attendiamo l'esito delle correzioni. In palio ci sono premi per tutti e la merenda.

Terminate le correzioni entriamo nel bar e viene dato il via alla premiazione. Le squadre sono dieci in tutto e dato che ci sono premi per tutti, la lettura della classifica parte dal decimo posto. La procedura è la seguente: la squadra viene nominata, quindi raggiunge l'area della premiazione, posa per una foto di gruppo, riceve la borsa coi premi e si prende la meritata merenda. Il meccanismo è semplice, ma in realtà la cosa si protrae a lungo. Soprattutto se la tua squadra si è posizionata al terzo posto. Nella nostra borsa-premio troviamo regali molto utili come il biglietto per un giro in barca sulla Fulda, il biglietto per entrare in un museo a scelta e il portachiavi-apribottiglie che mi serviva proprio per appenderci la chiave dell'appartamento e altre cose un po' meno utili ma molto carine.

Sfinita da questa giornata piena torno in appartamento per provare la connessione wireless anche a casa e scopro che qui non funziona. La coinquilina bulgara mi dice che c'è bisogno di un cavo per la connessione e dunque mi precipito al Saturn a comprarlo. Torno a casa, effettuo i vari collegamenti e il magico cavetto mi porta il mondo sulla scrivania. Ora sì che posso rilassarmi. Anche se essere collegata al web comporta il dover rispondere a tutti e collegare con chi è disponibile via skype, cosa che richiede una qualche ora.

Quando riemergo dalla mia stanza per andare a cibarmi incontro nel salotto Ryan, il coinquilino americano, e Claudia, una ragazza della Cattolica di Milano che avevo contattato prima della mia partenza per avere alcune informazioni di tipo pratico. Ryan e Claudia hanno iniziato la loro esperienza di studenti a Kassel assieme e da allora sono molto amici. Mi invitano ad andare con loro ad una festicciola in un altro dormitorio. Quindi dopo un po' di chiacchiere vado a prepararmi e a mezzanotte usciamo per dirigerci a Mönchberger Straße.

Arriviamo davanti ad un edificio con le luci accese a piano terra. Claudia manda un messaggio al ragazzo spagnolo e poco dopo qualcuno si presenta ad aprirci la portafinestra del piano terra, dove si trova la stanza comune del dormitorio. L'enorme stanza è praticamente vuota. Sulla destra ci sono dei divani, tra i quali sono stati stesi dei materassi dove dormiranno gli amici dello spagnolo, venuti a trovarlo. L'angolo in fondo a destra è occupato dalla cucina, di fronte alla quale ci sono dei tavoli sui quali si trovano un paio di casse di birra. La cassa di birra, soprattutto di marca Krombacher (una delle più economiche), è un soprammobile che adorna i salotti o le cucine di tutti gli studenti erasmus che si rispettino.

Il gruppetto di festaioli è alquanto ridotto, siamo una decina e il fatto che i ragazzi spagnoli non parlino altro che la loro lingua non ci permette di comunicare molto. Chiacchiero un po' con Claudia e Ryan cercando di sovrastare la musica spagnola che esce dalle casse collegate al computer in mezzo alla stanza, ma quando io e Ryan capiamo che nessun altro si presenterà decidiamo di andarcene. Scelta ulteriormente corroborata dal fatto che la stanza improvvisamente si riempie delle note di una canzone di Laura Pausini in versione spagnola.

Mentre io e il mio coinquilino camminiamo verso casa vengo a conoscenza di un fatto alquanto singolare (anche se prevedibile effettivamente). Ryan mi rivela infatti che l'università sorge al posto di una fabbrica di Panzer in attività durante la seconda guerra mondiale. Che si trattasse di una ex-fabbrica l'avevo capito dalla ciminiera che si erge imponente al centro del campus. Che fosse una fabbrica di carri armati, invece, non l'avevo immaginato. Con questa notizia estremamente stimolante per la mia immaginazione si conclude anche questo mio primo martedì da studentessa erasmus.

lunedì 2 aprile 2012

Stanza numero 2310

Ahhh e finalmente oggi mi sono trasferita nel fantastico appartamento in Wolfhager Strasse, numero 10.
Ho lasciato presto l'ostello stamattina e ho raggiunto lo studentato con i mezzi pubblici, perché arrivarci a piedi con le famose valigie stracolme sarebbe stato da suicidio. Arrivata a destinazione scopro che non sono l'unica a doversi trasferire ed iscrivere all'università, nonostante oggi sia l'ultimo giorno disponibile indicato dall'ufficio Erasmus per completare le faccende burocratiche.

Le prime ragazze che vedo sono facce già viste: sì, erano nello stesso ostello in cui mi trovavo fino a qualche ora fa. Parlandoci scopro che provengono dalla Lituania ed assieme entriamo nell'ufficio. Qui troviamo un gruppo di ragazzi polacchi, una ragazza americana della Georgia ed un ragazzo italiano, che studia a Padova. Inganniamo l'attesa chiaccherando, un po' in tedesco, un po' in inglese, un po' a gesti (ehehe). Ci scambiamo un po' di idee, impressioni, esperienze di viaggio, timori ed aspettative, com'è normale per tante persone che condividono la stessa esperienza.

Una volta firmato il contratto d'affitto ci spostiamo in gruppo all'ufficio erasmus per iniziare la trafila burocratica che comprende iscrizione all'università, versamento della tassa d'iscrizione e certificazione dell'assistenza sanitaria. Questo comporta l'andare avanti e indietro più volte dall'università al centro della città per recuperare documenti e consegnare documenti. Così facendo arriva il momento di ripresentarsi allo studentato per la consegna delle chiavi dell'appartamento.

Un signore tedesco, con la T maiuscola, ovvero un tedesco come tutti si immaginerebbero, biondo, coi baffoni e la pancia da birra si presenta con due cartelle, una mia e l'altra di una delle ragazze lituane e ci chiede di seguirlo. Ci conduce quindi nei nostri appartamenti, prima lei al primo piano e poi io al secondo, ci fornisce coperte, cuscino, copri-materasso e chiavi e poi ci lascia, sole alle prese con la nostra stanza. O meglio, alle prese con il materasso ed il copri-materasso.

Ebbene sì, perché il materasso è di gomma piuma e la sua copertura è di cotone e dotata di cerniera. Questo significa che la copertura, avendo subito qualche lavaggio, si è leggermente ristretta e quindi l'inserimento del materasso al suo interno non può che rivelarsi una sfida all'ultima goccia di sudore. Scommetto che lottare con un'anaconda è sicuramente più facile. Fortunatamente non c'era nessuno ad assistere alla scena, altrimenti sarebbe letteralmente morto dalle risate. Mi ci sono voluti due round, ma alla fine sono riuscita a stenderlo quel maledetto materasso. Ora spero non esploda improvvisamente nel cuore della notte, altrimenti la cosa diventa tragica.

Una volta sistemata la camera e fatta la spesa l'unico problema rimasto è ottenere la connessione ad internet. Tra i due round di sistemazione del materasso mi sono recata all'ufficio del servizio IT dell'università sperando di riuscire ad ottenere password e username e far assettare il computer, ma ho avuto solo i primi, perché l'ufficio adibito all'installazione del programma per la connessione wi-fi in università è un altro ed è aperto da lunedì a venerdì solo dalle 10 alle 13. Quindi domani proverò ad andarci.

Ah, l'appartamento non è niente di stratosferico. Il pavimento è ovviamente coperto con la moquette, i mobili sono abbastanza vecchiotti  e quelli della cucina in particolare sono in uno stato abbastanza precario. Ma nei prossimi giorni vedrò di rimediare a questo, soprattutto dal punto di vista igienico. La mia camera è abbastanza semplice ma non mi manca niente: letto, comodino, scrivania, libreria, armadio, lavandino con specchio e lucina al neon e uno scaffale che separa il lavandino dal resto della stanza. Ovviamente come sono entrata ho scoperto che era ancora occupata dall'imbianchina, che stava ripitturando le pareti e quindi ho dovuto starmene a spasso per un'altra ora e mezza prima che fosse libera del tutto. Nell'appartamento c'è poi un bagno con doppi servizi e doccia che condivido con i miei cinque coinquilini: due americani, una ragazza turca, una spagnola e una bulgara.

La giornata si conclude con una simpatica cena in comune. Ryan, il ragazzo americano e Cecilia, la ragazza spagnola, mi hanno invitato a cenare con loro. Il ragazzo di Cecilia, anche lui spagnolo, lavora in città come cuoco presso un ristorante spagnolo, e cucina delle tapas di patate e un altro piatto a base di patate, cipolle e pomodori, di cui non ricordo il nome. Ryan ha buttato nel forno dei Chicken Nuggets surgelati accompagnati dalla sua cara salsa barbecue, che si è portato direttamente dagli USA perché qui è introvabile. Io, non avendo avuto la possibilità di fare una spesa decente, offro solo un po' di insalata con tonno e ormaggio, ma cercherò di ricambiare in futuro con una pizza, una pasta o delle lasagne. Come dolce assaggiamo dei dolcetti di Marshmellow, chiamati "Peeps" a forma di colombine. Sono alcuni dei dolcetti pasquali americani, spediti direttamente dagli USA dalla mamma di Ryan.

Chiediamo anche alla ragazza turca di unirsi a noi e così scopriamo che non parla né inglese né tedesco e di fronte alla nostra domanda la vediamo sparire in camera a consultare il dizionario per potersi poi ripresentare dieci minuti dopo con la frase "No, I don't eat with you. Thank  you". Lei si siede con noi a tavola e noi accettiamo la sua compagnia silenziosa mentre chiacchieriamo a ruota libera. Durante la cena riceviamo l'invito della ragazza bulgara a salire al piano di sopra, dove stanno i suoi amici per un party dopo cena. Io e Ryan saliamo a fare un saluto e ci tratteniamo solo un'oretta, anche perché la maggioranza della compagnia è costituita da bulgari che parlano meglio la loro lingua che altre. Quindi non abbiamo grandi possibilità di conversazione. Io e l'americano abbandoniamo quindi la stanza lasciando gli altri ragazzi ai loro brindisi e ci diamo la buona notte. Altra giornata intensa, penso, mentre mi preparo per andare a letto.