venerdì 18 ottobre 2013

C'era una volta in via S. Erlembaldo...

Per chi non lo sapesse, ho conseguito la laurea triennale all'Università degli Studi di Milano. Grazie al sostegno dei miei genitori, ebbi la possibilità di stabilirmi nel capoluogo lombardo per tutta la durata dei corsi, ovvero da settembre 2006 a giugno 2009. La ricerca dell'appartamento non fu molto lunga. Ebbi la fortuna di trovarne quasi subito uno bello, moderno, pulito e con degli ottimi coinquilini. Due di loro, Alessia e Antonio, sorella e fratello, erano e sono tutt'ora i proprietari dell'appartamento ed occupavano due stanze singole. Io finii a condividere la stanza con Angela, una ragazza della Basilicata poco più grande di me, già laureata e in cerca di lavoro. Tre anni di convivenza, soprattutto con la mia compagna di stanza, hanno ovviamente segnato la mia maturazione, sia dal punto di vista individuale che dal punto di vista delle mie attitudini sociali. Mi rendo conto che quest'ultima affermazione richiederebbe almeno qualche esempio giustificativo, ma raccontare qui tre anni della mia vita sarebbe troppo complesso e in ogni caso non è questa la mia intenzione.

La mia intenzione è raccontare del fatto che ha scatenato di recente in me lunghe riflessioni su questa parte della mia vita cui non volgevo spesso la mente da parecchio tempo. Un po' come quando continui ad accumulare oggetti del tuo passato in soffitta e un bel giorno decidi di fare pulizia. E finisci col sederti per terra in mezzo alla polvere a perlustrare uno per uno gli oggetti che escono dalle scatole, perdendo la cognizione del tempo tra un pensiero, un sorriso, una lacrima. Ebbene, devo ammettere che dopo aver lasciato l'appartamento nel 2009 ho mantenuto pochi contatti con i miei ex coinquilini. Con Angela ho avuto uno scambio di messaggi saltuario fino al 2010, ma lentamente il sipario del silenzio è calato anche sul nostro rapporto. Inoltre Angela, viaggiatrice impenitente, si era stabilita in Lussemburgo, per poi fare una capatina in Canada per un corso di lingua e poi tornare per trasferirsi infine in Francia. Quindi non sarebbe stato semplice nemmeno vedersi.

Avevo messo un po' da parte la fase milanese della mia vita, anche perché stavo ancora cercando di riprendermi dal turbamento mentale e spirituale scatenato in me da quel tornado che è l'Erasmus. Ma a fine Settembre di quest'anno, una domenica sera mentre rientro dall'aperitivo con gli amici, sento lo squillo del cellulare. Lo estraggo dalla borsa e vedo la notifica di un messaggio di Facebook. Apro e vedo che il mittente è proprio Angela, la mia ex coinquilina. Inizio a leggere il messaggio ancora a bocca aperta e più leggo, più mi cala la mandibola: Angela è tornata a Milano e si è stabilita temporaneamente nel nostro vecchio appartamento. Ha trovato un lavoro e dato che a breve compirà gli anni, mi invita alla sua festa. Devo rileggere un altra volta il messaggio per far sì che venga processato adeguatamente dai miei neuroni.

Angela mi scrive anche che alcuni dei suoi amici, nonché il proprietario dell'appartamento, Antonio, sarebbero felici di rivedermi e che devo assolutamente accettare il suo invito. Piacevolmente sorpresa da queste parole e colma di gioia, inizio a rispondere freneticamente al messaggio. Non vedo l'ora di tornare. E da quel momento, pian piano, cominciano a riemergere i ricordi di vari episodi e di stati d'animo che fino a quel momento erano rimasti sigillati in quella grande scatola etichettata con "Milano - Università".

Sabato 12 Ottobre, parto dunque con il mio trolley al seguito alla volta di Milano. Autobus fino alla stazione di Brescia, quindi treno (rigorosamente regionale), metro fino alla fermata di "Gorla". Imbocco l'uscita per via S. Erlembaldo - che più di un nome sembra uno scioglilingua - e non appena emergo dalla scalinata su viale Monza inizio a guardarmi in giro. Pochissime cose sono cambiate. I negozi sono sempre gli stessi, a parte il supermercato. Arrivo davanti al portone e noto che campanello e porta sono stati rinnovati. Ma a parte ciò, il resto è rimasto invariato. Salgo le scale e trovo Angela ad accogliermi sul pianerottolo. Sembra la cosa più normale del mondo, sembra che ci siamo lasciate il giorno prima, ma son passati quasi quattro anni.

Per tutto il mio breve soggiorno questa è la sensazione preponderante: non ci sono cambiamenti esteriori troppo evidenti, sia in lei che nell'appartamento. Ho una buona memoria fotografica e continuo a guardarmi attorno per scovare i cambiamenti, ma noto che sono ben pochi. Sembra quasi che la mia mente voglia ingannarsi, che voglia convincersi che non esista un divario temporale tra allora e adesso. Ma riflettendoci mi rendo conto del tempo che è trascorso, del modo in cui sono cambiata nel frattempo: è cambiato il modo in cui osservo la realtà, ho accumulato molte altre esperienze dopo essermi chiusa alle spalle per sempre la porta di quell'appartamento. E tutto ciò si tramuta in una vocina interiore che con forza combatte l'illusione creata dal mio sguardo. Queste vibrazioni contrastanti mi attraversano continuamente, mentre chiacchiero con le mie vecchie conoscenze e mi aggiorno su quello che è successo nella loro vita negli ultimi tre, quattro anni. Non sono sensazioni nuove, ma si presentano con un'intensità mai provata prima. Riparto con la promessa di tornare presto e mi lascio cullare da una malinconia dolceamara mentre attraverso il grigiore autunnale della campagna lombarda.