giovedì 1 novembre 2012

Heaven knows I'm miserable now

Se c'è una cosa che non sopporto è il non poter essere triste. Quando una persona soffre, sta male e si trova a dover rispondere alla domanda "come stai?" può glissare semplicemente rispondendo "bene", anche se non è vero. Oppure può dire la verità, ovvero esprimere il proprio senso di disagio e spiegare il motivo della propria tristezza. In questo caso, però, è inevitabile che l'altro risponda con ogni formula consolatoria possibile, provocando in chi sta male un senso di colpa per la propria tristezza. E questo per me è inaccettabile.

Quando uno sta male non può semplicemente soffocare i propri sentimenti e andare avanti. Reprimere il malessere non aiuta a guarirlo. C'è bisogno di sfogarlo, liberamente, senza giudizi né frasi di circostanza che dovrebbero portare conforto. Il semplice ascoltare e una presenza silenziosa possono aiutare più di qualsiasi altra cosa. Capisco perfettamente che chiunque davanti alla frase "sto male" cerchi di combattere affannosamente l'imbarazzo creato da queste parole con frasi fatte che dovrebbero fungere da antidoto. Ma queste non fanno altro che infastidire l'altra persona, che se le è sentite ripetere già migliaia di volte e che quando si sarà stancata di sentirle rinuncerà a dar voce al proprio malessere. Se ne starà zitta, ogni volta sempre più a lungo, per tentare di digerire quel boccone amaro che ogni volta diventa più grande e faticoso da deglutire.

A volte vorrei tanto riuscire ad essere come una canzone degli Smiths o dei Cure: in esse la tragicità del testo, una trama di pensieri cupi, malinconici, totalmente privi di speranza, è perfettamente controbilanciata dalla musica, allegra, briosa, che invoglia a ballare. In esse un pensiero profondamente negativo, un pensiero che tipicamente appartiene ad una persona depressa o triste, viene veicolato attraverso delle note che lo svuotano apparentemente di qualsiasi tono grave e drammatico, rendendo il messaggio più digeribile e meno imbarazzante per l'ascoltatore.  Ma per ora non sono ancora riuscita a pronunciare le parole "Heaven knows I'm miserable now" con la stessa nonchalance con cui lo fa Morrisey. Perciò me ne sto zitta.

2 commenti:

  1. "provocando in chi sta male un senso di colpa per la propria tristezza."
    E' una cosa che comprendo, ma è un concetto su cui non sono d'accordo. Nel senso che non trovo giusto che ci si debba sentire in colpa perchè si è tristi oppure perchè si sta vivendo un momento difficile.
    Mi viene sempre in mente una frase che Grillo dice in un suo spettacolo "Uno che è sempre felice è un coglione". L'avrò citato almeno un milione di volte, perchè credo sia molto vero.
    Trovo evidente che una persona nel corso della sua vita si trovi ad affrontare dei momenti di sconforto (tralasciando tutto il blablabla sul fatto che se non fossimo tristi non sapremmo riconoscere la felicità). Questi momenti però devono essere transitori, occorre rielaborare il dolore e farlo diventare esperienza. Molto spesso questo lo si fa con l'aiuto delle persone che si hanno accanto. Penso sia un dovere stare vicino alle persone che soffrono, nel modo in cui a loro è più congeniale. Questo potrebbe voler dire "Ehi!Usciamo e sbronziamoci fino a non riconoscerci più" oppure "Ehi!Parla che io ascolto". Il famoso protocollo di Sheldon per le persone che sono tristi (Una bevanda calda e un "daidai") non solo lo trovo molto tenero ma lo trovo un punto cruciale dei rapporti interpersonali.
    Tutta questa sbrodolata per dire "Cioè già sono triste e sconfortata, poi mi devo anche sentire in colpa per questo, ma v*******o!".
    Questo cardine su cui si basa il tuo discorso è sbagliato, o meglio, dovrebbe essere considerato sbagliato. Ci sono molti comportamenti comuni che secondo me dovrebbero essere scardinati dalla faccia della terra, ma prima di tutto dovrebbero essere strappati dalla testa delle persone (difficile).
    Ti ricordo che un incompreso genio italiano in una sua canzone dice "Quando è in corso una crisi dimentico tutto e posso farmi perdonare".
    Lui in realtà non è un genio. La droga è un gran genio.

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  2. Sono d'accordo con te. Il fatto è che talvolta ci si trova a parlare con persone che non comprendono la necessità che una persona che sta male ha di sfogarsi. O che non hanno voglia di sorbirsi una persona del genere. Quindi tentano di sbrigare la cosa in pochi minuti inanellando una frase di circostanza dietro l'altra finendo (consciamente o inconsciamente) per farti sentire in colpa per quello che l'altro ha osato far uscire dalla sua bocca. O almeno questa è la mia impressione...

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