domenica 1 settembre 2013

E la Marii si sposa: primo giorno.

Finestrini abbassati. Il vento che fischia nelle orecchie e spettina i capelli. Il riflesso abbagliante del sole sulla superficie turchese scuro del lago di Garda, increspata dal vento per la gioia di wind- e kitesurfisti che colorati sfrecciano in tutte le direzioni. Musica pop a tutto volume. Niente di meglio per entrare nello spirito adatto ad affrontare questi due giorni di festa e per scacciare il timore che qualcosa possa andare storto, che la sorpresa non risulti gradita alla festeggiata.

In un paio d'ore raggiungiamo l'hotel, scarichiamo i bagagli in camera e ci prepariamo ad affrontare la giornata. Proponiamo a Marianna, la futura sposa, due opzioni: trascorrere il pomeriggio al Breg Adventure Park di Breguzzo o fare una passeggiata al lago di Molveno. C'è da dire che Marianna aveva minacciato di sfuggire alle nostre grinfie, qualora l'avessimo coinvolta in lunghe camminate in montagna e dunque non eravamo in grado di prevedere quale sarebbe stata la sua reazione a tali proposte. Alla fine ha prevalso lo spirito coraggioso della festeggiata, che senza alcun timore ha optato per l'Adventure Park di Breguzzo. In fondo speravo proprio in questa scelta, dato che ero in preda al desiderio di sperimentare i misteriosi percorsi che il parco aveva da offrire sin dal primo momento in cui Laura me ne aveva parlato.

Ma dato che è meglio affrontare qualsiasi sfida a stomaco pieno, sulla strada per l'Adventure Park facciamo una piccola sosta in un piccolo supermercato di Breguzzo a comprare qualcosa e andiamo a fare un picnic nei pressi del torrente che attraversa il paese. Andiamo ad accamparci proprio vicino ad una baita dove ho trascorso parecchie estati in qualità di partecipante, prima, e animatrice, poi, del campo-scuola organizzato dalla parrocchia di Nuvolento. Erano anni che non ci tornavo e non immaginavo proprio vi avrei fatto ritorno, ma il caso mi ci ha ricondotto. La baita e la zona picnic sono separate dal torrente e collegate da un ponte di ferro, che veniva fatto puntualmente traballare dai ragazzi del campo-scuola ogni qualvolta veniva attraversato. Questa volta, però, io mi trovo dall'altra parte e il cancellino di sbarramento del ponte è chiuso. Si vedono delle persone girare per il prato attorno alla baita. Io sono semplicemente un'osservatrice esterna.

Terminato il pranzo ci dirigiamo finalmente all'Adventure Park. La curiosità sale. Arrivate sul posto ci dirigiamo verso la cassa e prendiamo un biglietto della validità di tre ore. Acquistiamo anche un paio di guanti e poi ci dirigiamo sul retro dell'edificio per depositare le borse ed indossare le imbracature. Gli istruttori ci fanno salire su dei ceppi in modo tale da facilitare loro il processo di imbracatura. Quindi ci dirigiamo nel punto indicatoci dalle guide dove verremo istruite sull'uso di moschettoni e carrucola. L'ultima ad essere imbracata è proprio Marianna. Alcune di noi, scherzando, dicono al giovane istruttore che la sta imbracando di fare molta attenzione, perché si tratta di una futura sposa e se le dovesse succedere qualcosa lo sposo potrebbe venire a cercarlo e vendicarsi. Il ragazzino non sembra capire la battuta e continua nervosamente a controllare che tutto sia legato come si deve mentre noi lo osserviamo ridendo.

Chiuso questo siparietto comico inizia la spiegazione. Ogni imbracatura è dotata di due moschettoni: uno resta sempre bloccato mentre l'altro è sbloccato. Per bloccare e sbloccare i moschettoni ci si serve di apposite "chiavi" poste all'attaccatura dei cavi d'acciaio che costituiscono il percorso. La carrucola è dotata di due molle laterali che si piegano nel momento in cui si infila la carrucola sul cavo. Terminato il giro di prova su un breve percorso appositamente creato per permettere alle persone di acquisire familiarità con questo sistema si inizia a fare sul serio.

Ciascun percorso si articola tra gli alberi, che costituiscono punti di partenza ed arrivo. Per ogni passaggio esiste un cavo d'acciaio al quale i moschettoni vengono agganciati, ma ogni volta il passaggio è di diverso tipo: un solo cavo d'acciaio su cui camminare; un ponte tibetano di corda; una corda cui ci si aggrappa come fosse una liana e ci si lancia dalla parte opposta; rami d'albero appesi parallelamente o perpendicolarmente alla linea di passaggio, su cui appoggiare i piedi; strutture a forma di botte in cui infilarsi; reti di corda; sacchi di sabbia che pendono sopra ad un cavo d'acciaio, da attraversare a zig-zag e infine cavi d'acciaio ai quali appendersi mediante la carrucola e da cui lanciarsi. I percorsi sono sospesi ad altezze diverse: si passa dai 4-6 metri ai 13,5 metri o addirittura ai 15 metri della piattaforma di "base jump", dalla quale ci si cala appesi ad una corda.

Naturalmente partiamo dai percorsi più "semplici". Con lentezza procediamo da un tronco all'altro. Sono piacevolmente sorpresa dal fatto che nessuna delle ragazze si tira indietro, nonostante io sappia che alcune di loro siano terrorizzate da cose di questo genere. Il primo momento di panico arriva quando Michela, che si trova proprio davanti a me nel percorso, effettua il primo attraversamento con liana. Giunta in prossimità del punto d'arrivo non riesce ad afferrare la corda legata all'albero per tirarsi sulla piattaforma posta attorno al tronco e rimane quindi sospesa in aria a metà percorso. Vediamo il terrore nei suoi occhi, finché una delle guide non giunge ad aiutarla a raggiungere la base. Ma questo episodio non ferma lei e non inibisce neppure noi.

Quando decidiamo di affrontare il percorso destinato al solo uso delle carrucole alcune di noi, che soffrono di vertigini, giustamente si ritirano. La festeggiata, che è sempre stata in testa al gruppo, è la prima a scivolare sui cavi d'acciaio appesa alla carrucola. Senza esitazione si lancia, ma arrivata a fine percorso non riesce ad afferrare la corda per trascinarsi sulla piattaforma e rimbalza indietro, restando sospesa a circa 13 metri da terra. Una delle guide le lancia una corda da sotto, lei l'afferra e viene trascinata in questo modo al punto d'arrivo. Quindi prosegue tranquilla.

Quando giunge il mio momento, ho un attimo di esitazione. Mi trovo a 13,5 metri d'altezza, sotto di me il prato e la strada e, dopo aver assicurato la carrucola, non mi resta che lanciarmi. Ma il mio cervello mi blocca. Come faccio a saltare semplicemente nel vuoto appesa solo per una misera imbracatura? Avrò forza nelle braccia per restare appesa alla fascetta che parte dall'imbracatura e termina nella carrucola? Cosa succede se inizio a ruotare su me stessa mentre sono in volo? Quando finalmente trovo la forza di zittire il mio cervello sposto i piedi nel vuoto e parto.

Incredibile! Sto scivolando appesa ad un filo, persino ad una discreta velocità! Mamma che mal di braccia, quando arrivo in fondo? Il tempo di pensare queste cose e mi ritrovo a pochi millimetri dal tronco non sapendo che fare. Sbaaam! Mi schianto contro l'albero e rimbalzo indietro. Inizio a scivolare indietro e non sento la voce della guida che da sotto mi dice di staccare le braccia dalla fascetta dell'imbracatura, in modo tale che il peso del mio corpo mi blocchi interrompendo la scivolata al punto di partenza sul cavo. Mi viene lanciata la corda e l'istruttore mi trascina alla piattaforma.

Non faccio in tempo a riprendermi dalla cosa che mi trovo davanti un cavo ancora più lungo al quale appendermi. Faccio un respiro profondo e mi lancio, concentrandomi sulla benedetta corda da afferrare al momento dell'arrivo. Per strada, però, sopraggiunge un altro problema: inizio a roteare su me stessa! Non posso arrivare al tronco di schiena, altrimenti non riuscirò mai ad afferrare la corda e si ripeterà la scena precedente. Non può succedere. Inizio quindi ad oppormi al moto rotatorio con tutte le mie forze e riesco così ad arrivare col fianco destro rivolto verso l'albero. Afferro la corda e mi trascino sulla piattaforma.

Terminate le tre ore che avevamo a disposizione, ci liberiamo dell'imbracatura e ci dirigiamo verso l'auto. La nostra attenzione però viene attirata dalla festa degli alpini che si sta svolgendo nell'edificio lì accanto. Ci soffermiamo a dare un''occhiata e subito si svolge davanti ai nostri occhi una scena epica, che ci trascina immediatamente nella festa. Sotto al portico della casa degli alpini un saxofonista sta suonando sulla base di Billie Jean di Michael Jackson. Gli unici ballerini sono una coppia di anziani, di origine sudamericana a giudicare dal loro aspetto. Il vecchio tiene in mano un bastone e si muove lentamente. Improvvisamente, questi, mosso dall'energia del ritornello, lancia lontano da se il bastone e si lancia in un balletto che pare copiato alle coreografie del grande Michael. Miiii, il primo miracolo di Michael Jackson!!!! Alla vista di ciò decidiamo di fiondarci sotto il portico e iniziamo a ballare coi vecchietti, estremamente contenti di avere nuove compagne di ballo. Il vecchietto si carica ancora di più ed inizia a piegarsi sulle gambe abbassandosi e rialzandosi gradualmente a terra sempre a ritmo di musica.

Dopodiché, mi stacco dal gruppo per andare a prendermi una birra al bar, dato che arrampicarmi su e giù per gli alberi mi ha fatto venire un po' di sete. I ragazzi al bar mi chiedono quante ragazze ci sono nel gruppo e generosamente propongono di offrirci da bere. Quindi, ci spostiamo ad un tavolo per bere, dove siamo raggiunte da quello che credo sia il presidente dell'associazione degli alpini locale, che fa da vocalist della festa. Gli spieghiamo perché ci troviamo lì e lui inizia a sgranare frasi di augurio per la futura sposa. Chiede di baciarla, chiama a raccolta un paio di ragazzi per fare lo stesso e poi dà ordine al saxofonista di far partire la canzone che ha scelto di dedicarle. Dopo un'introduzione del tipo "Eh, è una canzone un po' spinta..." partono le note della famosissima "You Can Leave Your Hat On" di Joe Cocker.

L'ultimo ragazzino che risponde alla chiamata del capo degli alpini avrà a malapena diciassette anni. Giunto al tavolo inizia a scrutarci una per una, mentre presta orecchio all'alpino che gli dice di baciare la sposa. Lo sguardo del ragazzino è ormai puntato su Francesca B. e i suoi occhi rivelano chiaramente la speranza che la sposa sia proprio lei. Ormai assorto da un unico pensiero, non ascolta più l'adulto e si dirige verso Francesca che è seduta all'estremità della panca. Dopo averla apostrofata con un "Ehi, bionda!" le chiede di fargli posto accanto e lui si sistema al suo fianco soddisfatto della conquista. Inutile dire che noi altre scoppiamo in una fragorosa risata. L'allegria è nell'aria. Penso che sia proprio piacevole ricevere un accoglienza di questo tipo e a come sia soddisfacente il fatto che tutto stia procedendo alla grande, nonostante il programma della festa non sia stato pianificato nei minimi dettagli. Partiamo da Breguzzo urlando a ripetizione dai finestrini "E la Mariiii si spooosaaaaa" con accompagnamento del clacson. Giungiamo in hotel e ci prepariamo per la sera.

Marianna viene bendata mentre le facciamo indossare la t-shirt, il gilè, il velo e la gonnellina di tulle fucsia. Quindi anche noi indossiamo le nostre t-shirt del team "Clitorider" e ci infiliamo del tulle rosa fra i capelli. Infine lasciamo che Marianna si tolga la benda, inforchi gli occhiali e scopra come l'abbiamo conciata e come ci siamo conciate. E' giunto il momento di mostrare al mondo questo nuovo team di bikers tutto al femminile.
Scendiamo nella hall dell'albergo per un aperitivo ed iniziamo a raccogliere i primi sguardi stupiti e divertiti dei clienti dell'albergo. Terminato l'aperitivo, ci dirigiamo verso una festa di paese indicataci dal figlio degli albergatori, descritta come a pochi chilometri dall'hotel.

Pochi chilometri dall'hotel? Ehm, non esattamente. Guidiamo per circa venti minuti e quindi imbocchiamo una stradina che si arrampica su per il monte. Le curve non finiscono più e della festa nemmeno l'ombra. Dopo innumerevoli tornanti giungiamo al luogo della festa, che però sembra semi-deserta. D'altronde sono quasi le dieci della domenica sera, è comprensibile che non ci sia molta gente in giro. Deluse, stanche e affamate, facciamo inversione e ci fermiamo in un ristorante carino poco lontano dall'albergo, le cui specialità sono polletto alla brace e pizza e che fortunatamente tiene la cucina sempre aperta. Sedute attorno al tavolo ci rimpinziamo di cibo riprendendoci dalla lunga giornata, finché, sopraffatte dalla stanchezza, ci alziamo da tavola e ritorniamo in hotel. Buonanotte.

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