venerdì 7 ottobre 2011

Il lontano paese delle meraviglie



Ho sempre snobbato l'infanzia. L'ho sempre associata all'ingenuità, alla completa ignoranza della realtà e ad una semplicità che non si addice affatto al mondo dei rapporti interpersonali. Non l'ho mai valorizzata e non mi sono mai curata di custodire i ricordi di me bambina come un tesoro prezioso. In compagnia dei bambini faccio fatica a pormi sul loro stesso piano, mi sento ridicola, non sono capace di "far finta" che il mondo sia più di quello che percepisco coi sensi. Ma di recente ho iniziato a dubitare di questa mia posizione. Temo proprio che il mio muscolo della fantasia si sia atrofizzato.


Mi son resa conto che la capacità di astrazione, la capacità di dar vita ad un mondo proprio possano aiutare una persona a salvarsi dallo sprofondare in una gola profonda di monotonia e appiattimento mentale dalla quale diventa sempre più difficile uscire col passare del tempo.


Inoltre ho la sensazione che essere in grado di mantenere un lato infantile della propria personalità permetta di avere una maggiore sensibilità, intensifichi le percezioni e nutra costantemente la fantasia e quindi la nostra capacità creativa.


Perché non c'è niente di più soddisfacente che esprimersi in una qualsiasi creazione che rifletta noi stessi. E' vero, non tutti dispongono delle stesse abilità creative. Per alcuni è più semplice. Per quelli che, come si dice, hanno talento. Ma credo che possa far bene a tutti cimentarsi nella produzione di qualcosa che sia proprio, unico. Se non altro per capire meglio chi siamo, cosa vogliamo dalla vita, da noi stessi.


Così mi ritrovo a cercare disperatamente di recuperare qualche ricordo d'infanzia. Ma con ciò non intendo ricordi di eventi vissuti quando ero bambina. Si tratta piuttosto di un tentativo di ricordare cosa provavo da piccola, come mi rapportavo al mondo, insomma quale strada percorrevo per trovare la tana del bianconiglio e scivolare nel mio paese delle meraviglie.

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